Opera al nero #4. Rigoletto: tra innovazione e potenza drammatica

Opera al nero 4 Rigoletto tra innovazione e potenza drammatica

Il Rigoletto di Giuseppe Verdi rientra nella schiera delle opere al nero, grazie a diversi crimini perpetrati tra una nota e l’altra. In questo melodramma, in specifico, assistiamo a un rapimento e a un omicidio.

Rigoletto (1851), opera in tre atti di Giuseppe Verdi (Le Roncole, 10 ottobre 1813 – Milano, 27 gennaio 1901), è ricavata dal dramma di Victor Hugo (1802 – 1885) “Le Roi s’amuse” (Il re si diverte); l’autore del libretto è Francesco Maria Piave (1810 – 1876). Quest’opera insieme con “Il trovatore” (1853) e “La traviata” (1853) costituisce la cosiddetta “trilogia popolare” verdiana.

La scelta del testo di Hugo si deve a Verdi.
Il compositore leggeva moltissimo e si teneva informato sulle novità letterarie, sempre alla ricerca dell’intreccio drammaturgico ideale da mettere in musica e che fosse il più possibile vicino alle sue esigenze espressive. Purtroppo in varie occasioni, i testi da cui il musicista era attratto cozzavano contro la ferrea censura dell’epoca. A riprova di ciò, lo stesso Rigoletto fu inizialmente oggetto delle attenzioni della censura austriaca.

Anche il testo originale, quello di Hugo, “Le Roi s’amuse” (1832) fu bloccato dalla censura e solo 50 anni dopo la prima fu possibile riproporlo.
Il dramma dello scrittore francese non fu gradito al pubblico e neppure alla critica, principalmente perché nel testo sono descritte, senza tanti peli sulla lingua, le dissolutezze della corte francese e al centro della storia c’è addirittura il libertinaggio di Francesco I (1494 – 1547), re di Francia.
L’opera di Verdi subì ugualmente l’invadenza della censura. Le prime modifiche necessarie per superare il veto dei censori furono lo spostamento dell’azione dalla Francia alla corte di Mantova e mettere al posto del re un ben più modesto duca.

Il più delle volte, è grazie alla corrispondenza di Verdi con i suoi editori o con i librettisti che cogliamo dal vivo delle sue parole le vicissitudini in cui spesso incorrevano le sue opere.
A proposito di Rigoletto, il musicista scrisse a Piave: “il titolo deve essere necessariamente La maledizione di Vallier, ossia per essere più corto La maledizione. Tutto il soggetto è in quella maledizione che diventa anche morale. Un infelice padre che piange l’onore tolto alla sua figlia, deriso da un buffone di corte che il padre maledice, e questa maledizione coglie in una maniera spaventosa il buffone, mi sembra morale e grande, al sommo grande”.
Alla fine, per il titolo si optò per il nome del protagonista che dall’originale “Triboletto” (Triboulet per Hugo), divenne “Rigoletto” (dal francese “rigoler”, che significa scherzare).

Verdi aveva deciso di musicare il testo di Hugo perché aveva tutti i requisiti che un dramma dovrebbe possedere per essere tradotto in musica, almeno secondo lui: era un intenso dramma di passione, tradimento, amore filiale e vendetta. Questa amalgama di sentimenti ed emozioni era il materiale perfetto da tradurre in ricchezza melodica e potenza drammatica.

La tragica vicenda di Rigoletto si svolge nel XVI secolo a Mantova e dintorni.
Rigoletto, il protagonista della storia è un gobbo, buffone di corte presso il duca di Mantova. A causa delle sue beffe feroci si è guadagnato l’odio dei cortigiani che non aspettano altro che vendicarsi di lui.
Rigoletto ha una figlia, Gilda, la cui esistenza cerca di mantenere segreta. La ragazza si è invaghita di un povero studente che in realtà è il duca di Mantova, uomo superficiale e libertino.
Intanto, i cortigiani del duca scoprono l’esistenza di Gilda; la credono l’amante di Rigoletto e per vendicarsi di lui la rapiscono e la portano a palazzo ducale. Qui, la giovane, sedotta dal duca, si tormenta per la sua sorte, mentre Rigoletto giura di vendicare l’onta subita. Il buffone decide per una soluzione drastica e incarica un sicario, Sparafucile, di uccidere il duca, ma all’ultimo momento, sua figlia, ancora innamorata del suo seduttore, prende il suo posto e muore pugnalata.

L’opera inizia con un preludio cupo e disperato che preannuncia la tragedia che sta per consumarsi. Poi dalle note siamo sbalzati al centro di una festa che si tiene al palazzo ducale di Mantova. Tra lazzi e risate, con note rapide e allegre inizia l’opera vera e propria, e la sensazione è quella di essere stati catapultati dentro un’opera buffa.

Il contrasto tra il preludio e questa scena vivace e scanzonata è decisamente marcato e ha uno scopo preciso: la leggerezza di questo momento prepara gli spettatori “alla semina della tragedia“.
Nelle sale del palazzo ducale cavalieri e dame danzano. Verdi applica in questa scena una soluzione che Mozart aveva già impiegato nel primo atto del suo “Don Giovanni”: mescolare temi e melodie anche dal punto di vista narrativo. Così sentiamo provenire delle sonorità dall’orchestra in buca, cui si uniscono i suoni prodotti da una banda posizionata all’interno e quelli di un gruppo di archi che accompagnano le danze sul palcoscenico.

I balli sfrenati e il variare costante delle melodie delineano il carattere libertino dei personaggi. Il culmine di tale spirito licenzioso è poi manifestato dalla prima aria, cantata dal duca di Mantova, “Questa o quella per me pari sono”: manifesto deliberato della volubilità del personaggio che con questo brano esprime a Borsa la propria indifferenza verso l’identità delle donne che corteggia e seduce.
Nel terzo atto, invece, cantando “La donna è mobile” dichiarerà l’opposto. Per giustificare il suo comportamento, sosterrà che è il genere femminile a essere volubile, probabilmente, perché è incapace di provare sentimenti veri e di conseguenza, è convinto che anche le donne con cui si intrattiene siano come lui: incapaci di amare.

Parole e musica ci presentano il Duca come un seduttore seriale, frivolo e superficiale che pianifica abilmente le proprie conquiste, ma non è un manipolatore e in buona parte dell’opera è ignaro di ciò che accade attorno a lui. Non è il motore degli eventi che accadranno, che invece si sviluppano per mano altrui.

Ad esempio, il Duca è all’oscuro del rapimento della figlia di Rigoletto, Gilda, da parte dei cortigiani e ignora le oscure macchinazioni ordite contro di lui dal buffone di corte con Sparafucile. Non saprà neppure di essere sfuggito a un attentato alla propria vita.
In effetti, il Duca non è il cattivo della storia. È solo un uomo che soddisfa i suoi istinti senza troppi scrupoli e la musica sostiene questa interpretazione del personaggio: le sue bellissime arie risultano semplicemente delle ballate orecchiabili.

Se il Duca pecca in leggerezza e vacuità, i cortigiani e lo stesso Rigoletto sono crudeli.
Gilda, invece, è un personaggio che matura nel corso dell’opera e se all’inizio è impegnata in melodie dallo stile datato, concepite allo scopo di mostrare la sua ingenuità, successivamente, sarà capace di ben altre linee musicali, sempre più elaborate, a mano a mano che prenderà coscienza delle ingiustizie del mondo.

Se per il Duca Verdi ha utilizzato melodie incantevoli ma disimpegnate, per il vero protagonista dell’opera, Rigoletto, ha intessuto fosche e tragiche sonorità.
A differenza del Duca, il buffone è un personaggio complesso che possiede mille sfaccettature. Nel corso dell’opera, lo vediamo preso dai sensi di colpa e dagli scrupoli; ossessionato, afferrato da un profondo amore paterno, folle nella ricerca di un’atroce vendetta.

Rigoletto è ambivalente: la sua personalità è divisa tra l’acre malignità e il cinismo, che non perde occasione di mostrare alla corte ducale, e l’affetto sincero e delicato che mostra per sua figlia, affetto nel quale si rivela la sua natura di uomo, opposta alla maschera del buffone.

Verdi amava il personaggio di Rigoletto, in un suo scritto dice di lui: “Io trovo […] bellissimo. Rappresentare questo personaggio esternamente deforme e ridicolo, ed internamente appassionato e pieno d’amore”.
Il compositore è anche riuscito a rappresentare la dualità del suo adorato protagonista, mescolando sapientemente lo stile “alto”, tipico della tragedia, con quello “medio” e “basso”.

Rigoletto è ritenuto “una delle figure più tragiche della storia del melodramma”, forse anche per il contrasto tra la sua situazione drammatica e il suo ruolo di buffone, colui che per mestiere deve divertire e far ridere gli altri. In ogni caso, si tratta di un grande personaggio perché ospita in sé sia il comico che il tragico. Ed è anche causa dei suoi mali: per compiacere il Duca, fa infuriare il Conte di Ceprano e in generale il suo atteggiamento di irrisione e le nefandezze perpetrate nei confronti dei cortigiani scatenerà la loro vendetta che coinvolgerà, oltre a lui, anche sua figlia.

La tragedia di Rigoletto è una doppia tragedia: la sofferenza di un padre che vede morire la propria figlia e l’incapacità di un uomo, il Duca, di conoscere e comprendere quanto grande e profondo possa essere l’amore.

Con Rigoletto, Verdi aderisce completamente alle teorie romantiche francesi sull’arte che sostengono il concetto che il “vero” deve prevalere sul “bello” e la realtà deve essere raffigurata in tutti i suoi aspetti.
Infatti, andando contro i canoni estetici della tradizione classicistica, il compositore costruisce il dramma attorno a un personaggio difforme e grottesco, in accordo con la poetica che emerge anche nelle opere letterarie di Hugo. Ed è proprio il grottesco a incarnare l’elemento più incisivo del contrasto.

Verdi si rifà ad Hugo anche per un altro aspetto: conserva in toto l’effetto delle situazioni drammatiche, usando la sintesi. In pratica, individua le situazioni chiave e dà loro risalto con pochi tratti veloci. Conferisce ai personaggi il massimo rilievo, conduce il susseguirsi delle scene con un ritmo rapido e travolgente ed enfatizza le figure con grande potenza, insolita nel melodramma della sua epoca. In particolare, usa il canto, conducendo alla perfezione l’arte della melodia e le concede la facoltà di mostrare tutte le sfumature emotive e i possibili stati d’animo.
Magistrale è il contrasto che ha creato tra i due antagonisti dell’opera: il Duca si profonde in melodie compiute e a volte irriverenti, che ne illustrano i modi arroganti e cinici; Rigoletto utilizza prevalentemente il declamato e canta in forme rotte e spezzate.

Quest’opera di Verdi, rispetto alle precedenti, mostra un’evoluzione marcata, soprattutto per la capacità acquisita dal compositore di tratteggiare caratteri psicologicamente complicati.
Con Rigoletto, Verdi riesce a rappresentare in modo realistico la natura umana in tutta la sua mutevolezza e complessità.

Il musicista ha prestato particolare attenzione all’individuazione del soggetto drammatico e non ha trascurato neppure un dettaglio per garantire all’opera il massimo effetto teatrale.
Ha realizzato con grande attenzione la partitura, creando strutture a lunga campata. Ha anche utilizzato con notevole flessibilità il linguaggio e le convenzioni formali del melodramma italiano. Infatti, ha inserito nel Rigoletto: “numeri” singoli in blocchi scenici più vasti; ha fuso momenti prettamente di azione con altri di riflessione; ha tarato le scene sul tempo interiore dei personaggi.

Verdi aveva già mostrato molte delle novità presenti nel Rigoletto nelle sue opere precedenti, ma la differenza più netta che si rileva in questa opera è l’unità stilistica, realizzata grazie alla caratterizzazione musicale.
In tutta l’opera si vive in un’atmosfera di attesa di eventi che aleggiano minacciosi e si avverte anche l’opprimente sensazione di una sventura imminente, preannunciata dalla maledizione.
Il compositore è riuscito anche a dare vita a personaggi che, pur muovendosi entro le regole formali dell’opera italiana, maturano e crescono a mano a mano che il dramma procede.
L’insieme di queste novità, unite all’originalità del soggetto e alla capacità di ritrarre i caratteri dei personaggi con grande efficacia, consentono di affermare che Rigoletto mostra senza dubbio nuove prospettive al teatro musicale.

In copertina: Scenografia per l’atto “IV” (III come normalmente conteggiato) del Rigoletto di Giuseppe Verdi. (Per la produzione del Théâtre national de l’Opéra al Palais Garnier inaugurato il 27-02-1885)

2 commenti su “Opera al nero #4. Rigoletto: tra innovazione e potenza drammatica”

  1. Molto bello il commento. Ai libretti/programmi, introduttivi alla successione degli atti bisognerebbe anteporre un lavoro come quello che hai sviluppato, per far comprendere meglio, fin da subito, l’opera nella sua complessità ed una maggior conoscenza del Musicista che, troppo spesso si valuta un po’ superficialmente, limitandoci al primo impatto emotivo che ci trasmette l’ascolto e la visione della Sua opera.

    1. Grazie, è piacevole sapere che qualcuno apprezza gli sforzi che si fanno per far conoscere meglio un dato argomento.

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