La cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze, opera di Filippo Brunelleschi, è ritenuta la più importante opera architettonica mai realizzata in Europa dall’epoca romana.
La cupola di Filippo Brunelleschi (Firenze, 1377 – Firenze, 15 aprile 1446) già nella epoca in cui fu edificata lasciò tutti senza parole. Si trattava di un’opera ingegneristica unica. Inoltre, è stata una pietra miliare sia per la moderna concezione del costruire sia per il successivo sviluppo dell’architettura. Senza dimenticare che, è di una bellezza spettacolare.
Leon Battista Alberti (1404-1472) nel suo “De pictura” la descrive così:
“Chi mai sì duro o sì invido non lodasse Pippo architetto vedendo qui struttura sì grande, erta sopra e’ cieli, ampla da coprire con sua ombra tutti e’ popoli toscani, fatta sanza alcuno aiuto di travamenti o di copia di legname, quale artificio certo, se io ben iudico, come a questi tempi era incredibile potersi, così forse appresso gli antichi fu non saputo né conosciuto?”
C’è un motivo se fu così lodata: era ed è un unicum. Quando fu realizzata era la cupola più grande del mondo e attualmente, è la più grande cupola in muratura mai costruita. Il suo scopo era quello di fare da copertura alla crociera di Santa Maria del Fiore a Firenze.
Se guardiamo ai numeri ci rendiamo conto di quanto sia stato arduo il lavoro di Brunelleschi e a dir poco straordinario il suo risultato.
Il diametro massimo della cupola interna raggiunge i 45,5 metri, quella esterna è di 54,8. Uno degli ostacoli più difficili da superare per l’architetto fu la grandezza della struttura che richiedeva un metodo costruttivo nuovo, in quanto, le tradizionali centine (armature), in questo particolare caso, non erano utilizzabili.
Per questo e per altri motivi, la realizzazione della copertura del duomo fu un problema che rimase a lungo irrisolto. Chi doveva intraprendere la costruzione della cupola era consapevole che, utilizzando i sistemi di costruzione finora conosciuti, avrebbe dovuto ricorrere a enormi centine in legno per sostenere la cupola fino al suo compimento. Il primo timore era che, una struttura simile in legno non sarebbe stata in grado di sorreggere il peso della volta o che il tutto potesse precipitare su se stesso.
Arnolfo di Cambio (1245 ca. – tra il 1302 e il 1310 ca.), primo architetto di Santa Maria del Fiore, probabilmente, aveva pensato di realizzare una copertura a cupola del presbiterio.
Da un affresco di Andrea Bonaiuti (1319-1377), nella basilica di Santa Maria Novella, si evince che nel Trecento si valutava ancora l’idea di una cupola di dimensioni inferiori a quella poi realizzata da Brunelleschi.
Nel 1418, l’Opera del Duomo promosse un concorso pubblico per la copertura della cattedrale di Santa Maria del Fiore. Non ci furono vincitori, ma Brunelleschi e Lorenzo Ghiberti (1378-1455) furono designati come capomastri.
I lavori per l’edificazione della cupola iniziarono il 7 agosto 1420 e terminarono il 1° agosto 1436.
Brunelleschi, in vista della realizzazione dell’opera, aveva predisposto un programma di lavoro in dodici punti. Nel documento erano esposti:
- il modo in cui sarebbe stato chiuso il tamburo
- le principali indicazioni su come sarebbe stata eseguita la costruzione (forma, struttura e dimensioni della cupola)
- i cambiamenti
- gli imprevisti
- le aggiunte necessarie
Nel 1423, Ghiberti fu escluso dai lavori e Brunelleschi portò avanti il cantiere da solo, fino alla realizzazione completa della cupola nel 1436. Il 25 di marzo dello stesso anno fu celebrata in grande pompa la cerimonia di consacrazione della cattedrale di Firenze, durante la quale fu eseguito un mottetto di Guillaume Dufay: “Nuper rosarum flores”.
Per comprendere le capacità di Brunelleschi e le eccezionalità che racchiude la cupola da lui progettata, bisogna osservarla più da vicino.
Innanzitutto, l’architetto la concepì nel rispetto delle proporzioni auree, una consuetudine per quell’epoca, che consentiva di realizzare opere dove equilibrio e armonia fossero chiaramente visibili.
La struttura, una volta terminata, si innalzava da un tamburo ottagonale in otto spicchi (vele) predisposti su due calotte, separate fra loro da uno spazio vuoto, in questo spazio era compresa la gradinata che conduceva alla lanterna.
Una catena lignea composta da 24 travi, unite tra loro da staffe e perni di ferro, circondava tutta la costruzione; questa specie di anello aveva la funzione di opporsi alle forze che spingevano verso l’esterno.
In effetti, tutte le singole parti di questa formidabile costruzione avevano la funzione di contrastare e rendere stabile l’insieme, grazie a uno studiato contrapporsi di forze e pesi, quelli dei costoloni, della lanterna e persino della palla di bronzo, realizzata dal Verrocchio (1435-1488) nel 1472 e posta sulla cima, che serviva a stabilizzare l’anello di congiunzione della cupola.
Per quanto riguarda la costruzione di questa ingegnosa struttura architettonica, il punto di partenza di Brunelleschi è stato il tamburo che misurava 45 metri di larghezza massima, era posto a 54 metri di altezza e aveva forma ottagonale imperfetta. Su tale base doveva svilupparsi la cupola che, a fine lavori, considerando anche la palla dorata e la croce, si ergeva per ben 116 metri.
Le notevoli dimensioni di partenza non erano previste nel progetto iniziale della costruzione di Santa Maria del Fiore, ma si resero necessarie, al fine di rinforzare il tamburo della cupola che era stato rialzato rispetto al modello originario, con un piano sul quale erano stati ricavati otto grandi occhi che garantivano l’illuminazione di una parte della chiesa. L’innalzamento del piano d’imposta della cupola comportò che la costruzione finale si trovasse più in alto di qualsiasi altra volta fino a quel momento realizzata.
Per quanto riguarda gli ostacoli che Brunelleschi dovette affrontare, per realizzare la cupola del duomo di Firenze, il più ostico fu la forma ottagonale del tamburo. Infatti, una normale cupola emisferica (o parabolica o elissoidale) è sempre possibile da costruire, in quanto essa è composta da infiniti archi, ognuno dei quali, una volta terminato, si autososterrà. La costruzione di questo tipo di cupola definita di rotazione inizia dai bordi, con piccoli archi che saranno seguiti da archi sempre più grandi, uno addossato all’altro e in grado di reggersi da soli.
Questo tipo di cupola non era realizzabile nel caso di Santa Maria del Fiore, perché appunto la partenza della struttura da edificare era di forma ottagonale, a facce piane.
In pratica, Brunelleschi ha dato vita a una volta ottagonale che, diversamente da una cupola ottenuta da rotazione, non era autoportante.
Per poter dare una copertura al duomo fu subito chiaro che era necessario usare delle impalcature di legno, che avrebbero dovuto sostenere le murature fino a che le malte non avessero fatto presa. In Italia, però non c’era disponibilità di travi gigantesche, come invece accadeva nel nord Europa e oltretutto, anche travi enormi non sarebbero state sufficienti a sostenere le volte che si dovevano realizzare per la cupola del duomo di Firenze.
Attualmente, nonostante numerosi studi abbiano affrontato l’argomento, non si è giunti a un’unica conclusione: esistono ancora varie ipotesi su come la cupola ideata da Brunelleschi abbia potuto autosostenersi durante la costruzione. Quello che sappiamo per certo è che il geniale architetto studiò con grande attenzione le cupole romane, la geometria e che dedicò alla struttura una progettazione minuziosa che lo impegnò per anni.
Altro tema ancora in discussione: individuare le fonti di ispirazione di Brunelleschi per la realizzazione di questa incredibile opera architettonica. Sul piatto sono state collocate molte “pietanze”: dai precedenti fiorentini alle strutture voltate di epoca romana sino alla pratica costruttiva dei persiani.
In realtà, Brunelleschi non aveva alcun riferimento tecnologico cui appoggiarsi per la realizzazione di una cupola a spicchi, perché tutti gli esempi esistenti o erano cupole di rotazione oppure erano armabili.
Terminati i lavori della copertura di Santa Maria del Fiore, fu indetto un altro concorso pubblico, stavolta per la lanterna e fu vinto da Brunelleschi.
Trascorsi pochi mesi dall’inizio dei lavori, nel 1446, il geniale architetto morì e il cantiere proseguì con la direzione di Michelozzo di Bartolomeo (1396-1472), amico e seguace di Brunelleschi, successivamente, con quella di Antonio Manetti (1423-1497) che condusse a termine i lavori, il 23 aprile 1461.
Le invenzioni di Brunelleschi non furono accantonate neppure dopo la sua morte: i suoi successori utilizzarono, per completare la costruzione della lanterna, le macchine che il talentuoso architetto aveva ideato per la realizzazione della cupola, in particolare, quelle impiegate per sollevare i materiali. Queste ingegnose macchine, che sembra fossero un’applicazione delle tecniche studiate da Brunelleschi per i suoi celebri orologi, rappresentavano esse stesse un progresso non indifferente nella scienza delle costruzioni.
Pur non conoscendo nulla di tecniche ingegneristiche, ignorando l’immane peso della cupola, che si aggira intorno alle 25.000 tonnellate, e persino eludendo fastidiosi pensieri su attriti, resistenza dei materiali e forze e controforze che si misurano fra loro, un casuale visitatore di Firenze, che si trovi davanti alla cupola di Brunelleschi, non può che restare a faccia in su, ad ammirare questa autentica meraviglia che riempie gli occhi con la sua bellezza, al di là di tutta la fatica e il mirabile ingegno che ne hanno permesso la creazione.