Emozione e creazione: un gioco di rimandi

emozioni paesaggio albero

Il termine emozione viene dal francese “émotion“, derivato di émouvoir “mettere in movimento”.

Mi piace l’idea che la parola emozione contenga in sé l’idea del “movimento”.
In effetti, un’emozione crea indubbiamente un movimento che a volte procede dall’esterno (dopo un particolare avvenimento) per poi raggiungere l’interno di una persona. In altri casi, il movimento parte da dentro e si propaga fuori.

L’emozione produce un’energia, in certi casi positiva, in altri negativa: comunque produce un cambiamento.

Ritengo che i libri siano in grado di provocare un’infinità di emozioni diverse, quello è il loro scopo, come l’arte in genere, dalla pittura, alla musica, al teatro.

Una produzione artistica deve coinvolgere, rendere partecipe il lettore, l’ascoltatore o lo spettatore, suscitando una reazione: un’emozione, appunto, che possa collegare l’artista al fruitore.

In altre parole, una creazione artistica aspira a costruire dei ponti virtuali tra “il creatore” e un pubblico, attraverso i quali si può viaggiare avanti e indietro, in un gioco di rimandi e di emozioni infinite.

Ognuno percepisce la creazione artistica in modo diverso, assorbendola e filtrandola sulla base delle sue esperienze e conoscenze, ma l’importante è che ci sia uno scambio.

Più un’opera è complessa, più emozioni è in grado di suscitare e più si manifesterà longeva, comunicando ed emozionando ancora resterà intatta, seppure differente, a distanza di molti secoli.

Una parola per il nuovo anno: Coraggio

Bucaneve fiore

Spero che il nuovo anno ci porti doni meravigliosi; io posso farvi solo un piccolo regalo, una semplice parola: Coraggio.

Vi auguro e lo auguro a me stessa, di trovarlo sulla soglia del nuovo anno ad attenderci, per prenderci per mano e condurci giorno dopo giorno, aiutandoci ad affrontare il buio e l’ignoto, durante questo viaggio pieno di scossoni che è la vita.

Il coraggio ha molti volti e interpretazioni, nessuna trascurabile.

Può riguardare il modo di affrontare la vita sia quando si incontrano momenti di difficoltà sia quando ci assumiamo dei rischi.

Ci sono anche vari tipi di coraggio con un’ampia gamma di sfumature: si può essere scalatori impavidi e affrontare vette irraggiungibili oppure una donna o un uomo comuni che entrano in un supermercato all’ora di punta per fare la spesa, magari dopo una lunga giornata di lavoro.

Non ci sono standard, né misure da rispettare: anche i piccoli gesti quotidiani possono essere coraggiosi, quanto gli esercizi di un acrobata che ci lascia senza fiato.

Vivere è già un atto coraggioso; per alcuni anche alzarsi ogni mattina e affrontare la giornata richiede un grande coraggio: se si deve superare un dolore o combattere una malattia.

Il coraggio è stato anche oggetto di attenzioni da parte di scrittori e pensatori di ogni tempo che ne hanno dato una loro definizione.

Don Abbondio, famoso personaggio dei “Promessi Sposi” diceva: “Uno il coraggio se non ce l’ha, non se lo può dare”.

Mentre Seneca parla di osare per riuscire a raggiungere i nostri obiettivi: “Non è perché le cose sono difficili che non osiamo, è perché non osiamo che sono difficili”.

E sostiene pure che: “Colui che è coraggioso è libero”.

Steve Jobs, uomo dal grande intuito e genialità ha invece detto che “dobbiamo avere il coraggio di seguire il nostro cuore e la nostra intuizione. In qualche modo, essi sanno che cosa vogliamo realmente diventare. Tutto il resto è secondario”.

Ora, voi potete farvi la vostra opinione al riguardo, io, però, condivido appieno le parole di  William Blake: “Chi non osa osservare il sole in volto non sarà mai una stella”.

 

Parola del giorno: leggerezza

colibri leggerezza

Oggi, camminando tra i miei pensieri sono inciampata sulla “leggerezza”.

Che pesa relativamente poco, che fa sentir poco il suo peso
Così definisce il termine “leggero” il vocabolario Treccani

Calvino, nelle Lezioni americane, tenta di definire la leggerezza che ritiene una caratteristica ben presente nelle sue opere.
Lo scrittore sostiene di aver sottratto peso alle figure umane, ai corpi celesti e alle città, ma soprattutto, ritiene di aver tolto peso alla struttura del racconto e del linguaggio.

Seguendo i suoi suggerimenti si arriva a Montale, a Piccolo testamento, dove la leggerezza assume labili sembianze:
traccia madreperlacea di lumaca/o smeriglio di vetro calpestato

Questi sono solo alcuni esempi letterari legati a questa parola: molti si sono interrogati sul suo significato e hanno cercato di dare risposte o definizioni, magari attraverso complessi trattati filosofici.

Lascio a voi il compito di rintracciare altre impronte della leggerezza nella letteratura, nella filosofia, e perché no, anche in qualche singolare trattato scientifico.

Se facessi diversamente, appesantirei questo post che vuole essere un semplice suggerimento.

Per quanto mi riguarda, io credo che in qualsiasi modo la si rappresenti, la leggerezza sia una conquista, la capacità di sentire le cose che ci circondano senza farsi soffocare da esse, dalla pesantezza delle giornate, dalle fatiche quotidiane e dal dolore.

Ritengo che leggerezza sia la capacità e la certezza di avvertire un barlume di gioia nascosto o lontano; il desiderio che prende corpo senza pesare sull’anima.