Sono due i motivi che mi hanno fatto pensare a Proust: i fatti recenti di Parigi e l’anniversario della sua morte che ricorre proprio oggi (18 novembre 1922).
Al di sopra delle polemiche, dei pugni alzati, delle voci indignate e di quelle pacificatrici, io voglio solo porgere un omaggio a un grande autore francese, parigino di nascita, e attraverso lui, alla letteratura francese e alla Francia, luogo in cui è nato lo scrittore e in cui si è sviluppato il suo talento.
In particolare, la mia attenzione si appunta su una singolare e minuta descrizione di “quei dolci corti e paffuti, chiamati Petites Madeleines, che sembrano modellati nella valva scanalata di una conchiglia di San Giacomo“.
Il testo in questione è tratto dal primo volume della Recherche, “Dalla parte di Swann”.
Appena il palato di Proust assapora la madeleine ammorbidita nel tè, prova un delizioso piacere la cui natura gli è oscura.
Come può un semplice dolcetto rendere “indifferenti le vicissitudini della vita, inoffensivi i suoi disastri, illusoria la sua brevità, allo stesso modo in cui agisce l’amore, colmandomi di un’essenza preziosa: o meglio questa essenza non era in me, era me stesso. Avevo cessato di sentirmi mediocre, contingente, mortale“.
Proust descrive l’esperienza del ricordo evocato da uno dei sensi: il gusto.
Spesso è un profumo o una serie di suoni a richiamare alla memoria un momento passato della nostra vita, con una forza incredibile, e quando riusciamo a ricordare, ci troviamo a rivivere l’istante passato con la stessa intensità originaria, recuperando il luogo e il tempo insieme alle emozioni che lo hanno caratterizzato.
È proprio quello che succede a Proust che all’inizio non riesce a focalizzare il motivo della gioia inaspettata che sta provando; beve un secondo sorso di tè, per sollecitare attraverso il gusto la sensazione e ripercorrere a ritroso il tempo e lo spazio, fino a recuperare la causa della forte emozione che ha provato.
Si concentra, si affatica, si estrania dall’ambiente in cui si trova e tenta di pensare ad altro, sempre all’inseguimento del ricordo sfuggente.
“E ad un tratto il ricordo m’è apparso“.
“Quel sapore era lo stesso del pezzetto di madeleine che, la domenica mattina, a Combray […], quando andavo a darle il buongiorno nella sua camera, la zia Léonie mi offriva, dopo averlo immerso nel suo infuso di tè o di tiglio“.
Il ricordo riaffiora in tutta la sua potenza vivificatrice, affacciandosi a fatica dal buio del passato, riemerge dalle onde del tempo, evocato da un sapore, e Proust conclude con una frase magnifica su come il ricordo, fragile all’apparenza, continui a vivere anche là, dove ogni cosa è scomparsa o distrutta.
“Ma, quando di un passato lontano non resta più nulla, dopo la morte degli esseri, dopo la distruzione delle cose, soli, più fragili ma più vividi, più immateriali, più persistenti, più fedeli, l’odore e il sapore rimangono ancora a lungo, come anime, a ricordare, ad attendere, a sperare, sulla rovina di tutto il resto, a sorreggere senza piegare, sulla loro stilla quasi impalpabile, l’immenso edificio del ricordo“.
Ognuno di noi ha un ricordo felice nel suo bagaglio di vita, auguro, perciò, a tutti, di riuscire a recuperare quel particolare ricordo, coinvolgendo tutti i sensi; vi auguro di farlo rivivere intenso e magnifico nel presente, e spero che la luce di quell’istante di gioia resti a lungo a scaldare il vostro cuore.