Il Romanzo, sequenze e procedimenti narrativi #2

Romanzo sequenze e procedimenti narrativi 2

Il romanzo come struttura narrativa può fare conto su strategie che ne indirizzano il percorso, ne caratterizzano l’andamento e ne definiscono lo svolgimento.

Le vicende di qualsiasi romanzo possono evolversi secondo tre principali tipi di sequenza.
La prima è costruita su un miglioramento da ottenere e nella storia può essere previsto un processo di miglioramento oppure no. Se l’autore ha previsto un processo di miglioramento, nel corso della vicenda si potrà raggiungere o meno tale miglioramento.
La seconda, all’inverso della prima, prevede un peggioramento prevedibile. In questo caso, quindi, si avrà o meno un processo di peggioramento. Se nel corso della narrazione è previsto un processo di peggioramento questo potrà condurre a un peggioramento prodotto oppure il peggioramento sarà evitato.
La terza sequenza è un mix delle prime due: il miglioramento e il peggioramento saranno alternati.

Normalmente, un autore inizierà la narrazione con una specifica condizione che, successivamente, si svilupperà in un senso positivo oppure negativo. In effetti, però, le storie lineari sono davvero poche: la norma in un romanzo è l’alternanza tra miglioramento e peggioramento.

Per quanto riguarda i procedimenti narrativi, uno scrittore di romanzi dispone di due procedimenti narrativi fondamentali: quello diretto (gli eventi sono rappresentati come se stessero accadendo davanti ai nostri occhi); quello narrativo (le vicende sono narrate in modo riassuntivo).

Ci si può anche avvalere di un altro procedimento, di sussidio agli altri due, e cioè quello descrittivo.
Questo procedimento non sarà mai usato da solo nel corso di una narrazione, ma sarà sempre associato ad almeno uno degli altri due procedimenti.
La descrizione, inoltre, possiede varie funzioni: mimetica (raffigura un ambiente reale); esornativa (ha un compito a carattere puramente estetico); allegorico-simbolica (esprime verità morali o condizioni psicologiche).

Lo scrittore ha a disposizione anche un altro procedimento, quello argomentativo che è utilizzato al fine di a presentare problemi, fatti e ragionamenti, seguendo un’opinione che, in genere, è quella dell’autore.

A completare il quadro dei modi narrativi su cui lo scrittore può fare affidamento, ci sono anche le varie forme della citazione.
La citazione di parola ha tre forme principali: il monologo (il personaggio parla con un interlocutore presente ma silenzioso); il dialogo (due o più personaggi parlano fra loro); il soliloquio (discorso di un personaggio che si rivolge in modo implicito o esplicito a un destinatario che può essere anche se stesso).

Esiste anche la citazione di pensieri che si avvale di due forme: il monologo interiore; il flusso di coscienza.
Il monologo interiore è innanzitutto in prima persona, al presente, il linguaggio utilizzato è nello stile del personaggio, non prevede un pubblico e neppure un destinatario, l’autore non commenta né interviene in alcun modo.
Il flusso di coscienza è invece dato da un ‘associazione immediata di idee, immagini, sensazioni, privi di legami logici e sintattici.

Storia della scrittura #24: si ritorna alla penna, ma d’acciaio!

Storia della scrittura 24 si ritorna alla penna ma d’acciaio

Mentre la stampa continua a crescere ed evolversi, la scrittura a mano ha ancora delle zone franche che le appartengono, dove si avverte l’esigenza di innovazioni: ben presto si passerà dalla penna d’oca a quella in acciaio.

Abbiamo visto che, con l’avvento della stampa litografica, avvenuta grazie alla scoperta di Aloys Senefelder (1771 – 1834) delle particolari proprietà delle pietre calcaree di Solenhofen, si avrà sin da subito un’influenza diretta sulla stampa dei libri e dei giornali, ma nonostante ciò, sopravvivono ancora ambiti della scrittura che restano esclusivi della penna.

Tra queste “zone d’ombra” ci sono gli atti notarili e giuridici che necessitavano della scrittura manuale, per una questione di autenticazione, grazie alla firma apposta, ad esempio: nei testamenti, nei contratti oppure negli atti di vendita.

In questa sorta di territorio esclusivo operano gli scrivani pubblici. In questa fase, però, si verifica una sorta di rovesciamento riguardo al prestigio di questo antico mestiere. Se un tempo, la professione dello scrivano era stimata e considerata ammirevole, ora subisce un degrado costante, perché coloro che redigono a mano dei documenti sono considerati alla stregua dei loro datori di lavoro: gli usurai.

La stampa aveva conosciuto notevoli progressi, perché c’era necessità di distribuire libri e giornali a più persone e anche di abbassare i costi, ovviamente, se c’è chi scrive ancora con la penna, sono indispensabili anche in questo ambito dei miglioramenti e delle innovazioni, per facilitare il lavoro e aumentare l’accessibilità anche a tali servizi.

Nel 1750, infatti, si ha notizia dell’invenzione di una penna di metallo, della quale sono in diversi a contendersi la paternità: un magistrato di Aix-la-Chapelle, Johann Jantssen; un “onorevole cittadino”, Peregrine Williamson, secondo il “Boston Mechanic”; un inventore dell’Hexagone (locuzione che designa la parte continentale della Francia metropolitana, ricordando che la sua forma geografica è un esagono quasi regolare: tre lati di terra e tre di mare), secondo un opuscolo francese del 1750; un maestro di scuola di Koenisberg (nome storico della città prussiana che attualmente corrisponde a Kaliningrad, in Russia), secondo una pubblicazione tedesca del 1808.

È molto probabile che tale invenzione fosse creazione contemporanea di inventori diversi in luoghi differenti, in quanto se ne avvertiva la necessità un po’ ovunque.
La questione da risolvere, al di là dell’invenzione di uno strumento più efficiente, era riuscire a riprodurre le caratteristiche della penna d’oca. Agli inizi, l’oro sembrava essere l’unica soluzione possibile per ottenere la stessa flessibilità.

Le penne d’acciaio realizzate a mano erano dure e laceravano la carta, in soccorso arrivarono specifici procedimenti meccanici che consentirono la produzione a livello industriale di penne di qualità.
I prezzi scesero rapidamente e la penna d’acciaio diventò l’antesignana dei prodotti “usa e getta” della civiltà moderna.

Storia della scrittura: dai geroglifici agli emoticon #3 La scrittura cinese: un esempio di coerenza

lanterne cinesi

Mentre ci si avvia al II millennio avanti Cristo, la scrittura cuneiforme ha quasi raggiunto il suo assetto definitivo; in Egitto gli scritti geroglifici si moltiplicano; a Creta e nella Grecia continentale si sviluppano scritture che sono dei veri rompicapo per gli studiosi.

In Cina, in questo stesso lasso di tempo, nasce la scrittura cinese, codificata e strutturata tra il 200 a.C. e il 200 d.C., ed è la stessa che i cinesi leggono e scrivono ancora oggi.

Ovviamente, agli albori, i caratteri cinesi venivano tracciati con pennello e inchiostro; oggi i caratteri stampati hanno perso la finezza e la precisione di quelli originari, ma la scrittura è rimasta fedele a se stessa, pur semplificandosi col tempo.

Se per gli egizi la scrittura era un dono degli dei, per i cinesi la sua nascita è leggendaria.

All’origine della scrittura vi sarebbero tre imperatori, uno di essi, Huang Che, pare abbia tratto i caratteri dallo studio dei corpi celesti e dalle impronte degli uccelli e degli animali.

La scrittura veniva usata anche a scopi divinatori: i sacerdoti scrivevano domande su un lato delle scaglie di tartaruga, poi avvicinavano il rovescio a un fuoco acceso a est e traevano le risposte dalle fenditure causate dal calore.

Gli inizi della scrittura sono simili per molte civiltà: i primi tentativi sono stati ovunque, disegni, pittogrammi o combinazioni di pittogrammi.

Esempi di queste prime fasi hanno somiglianze notevoli tra loro, pur essendo state prodotte da civiltà molto diverse.

I pittogrammi poi, evolvendosi, hanno acquisito una sempre maggiore stilizzazione, ma i caratteri cinesi consentono tuttora, di ravvisare le sembianze degli antichi pittogrammi da cui si sono originati, fornendo a questa scrittura una dimensione poetica.

La lingua e la scrittura cinese hanno una particolarità importante: a seconda della grafia, uno stesso suono può significare più cose.

In Cina, la scrittura è un elemento di unità linguistica perché la lingua parlata è totalmente differente dal nord al sud.

Se pensavate fossero complicati i geroglifici, ora sarete sopraffatti.

Ogni carattere si deve inscrivere in un quadrato perfetto. In generale, è composto da: una chiave che fornisce il senso e una parte, fonetica, che dà indicazioni sulla pronuncia. Inoltre, bisogna seguire un ordine preciso per tracciare i tratti che compongono i caratteri stessi.

Il cinese quotidiano si legge da sinistra a destra, ma quello colto e la poesia dall’alto in basso e da destra a sinistra.

Tenete pronta un’aspirina perché…

la storia continua…

Chi ha paura della pagina bianca?

typewriter macchina da scrivere

Leggendo un post su Van Gogh e il suo rapporto con la tela bianca ho ripensato a Mallarmé e alla sua pagina vuota.

Alla paura che si scatena quando ci si trova di fronte a un compito creativo e si teme di fallire, di non produrre niente di buono o di non riuscire proprio a produrre nulla.

Van Gogh scrive a suo fratello Theo in proposito.

Tu non sai quanto sia paralizzante fissare una tela vuota che dice al pittore: tu non puoi fare nulla.

Quindi, il pittore esorta a non avere paura di fare cose sbagliate, se si vuole essere attivi.

Mallarmé in modo non dissimile, lotta contro l’angoscia della pagina bianca: il foglio di carta che resta vuoto, difeso dal suo stesso candore.

O notti! Né il chiarore deserto del mio lume
Sulla pagina vuota che il candore difende
 (Stéphane Mallarmé).

Blocco dello scrittore, paura del foglio bianco: definizioni diverse per un unico dilemma.

Non ci sono ricette infallibili o formule magiche per superare l’impasse e uscirne vittoriosi, solo un costante lavoro ci consente di portare a termine con successo il compito che ci siamo prefissi.

Bisogna prepararsi bene.
Nel caso di chi scrive, leggere molto (un mantra che vi sarete stancati di sentire, ma che è sempre bene ripetere); scrivere con costanza quotidiana; riflettere; fare schemi, se necessario; lavorare sui personaggi, studiandoli fin nei minimi dettagli (immaginare con chiarezza come sono vestiti, quali sono le loro caratteristiche, i tic, la loro storia, osservarli muoversi); documentarsi a lungo per le ambientazioni, se non sono luoghi che si conoscono.

Questo lavoro faticoso dà sempre buoni risultati, inoltre, la mente, se stimolata nel modo corretto, continuerà a elaborare idee, tracce, soluzioni, anche quando saremo occupati a fare ben altro che scrivere: stirare, pulire, camminare, persino dormire.

E in un momento di relax, o durante il sonno arriveranno le idee migliori.

Nel mio caso si tratta di immagini, scene di partenza da cui di solito inizio a tessere una trama che si dipana sempre più chiara, a mano a mano che fisso su carta le idee.

Il lavoro dello scrittore non è semplice, a volte bisogna ragionare a lungo sui personaggi, spesso si resta impantanati in una situazione che sembra non avere una soluzione, ma ho riscontrato che la prima immagine che abbiamo di una trama è per lo più corretta e va difesa da successivi cambiamenti legati alle vicissitudini della storia.

È la scintilla che dà fuoco alle polveri e ci consente di vincere la resistenza della pagina bianca e di proseguire.

Un faro nel buio di una storia appena nata che ci guida a destinazione, tra mille peripezie, ma non bisogna avere paura di sbagliare, perché spesso i percorsi meno battuti sono i migliori o comunque ci aiutano a trovare quello giusto.

In molti casi, è necessario tornare indietro per riprendere il filo, cancellare, rivedere, affilare i nostri strumenti e ripartire con coraggio.

Scrivere è una sfida continua e non ci si può arrestare, perché, citando il titolo di un film di Totò e Peppino, chi si ferma è perduto.