Emergenza Covid-19: lasciamo che il virus ci “contagi” il cuore

Emergenza Covid19 lasciamo che il virus ci contagi il cuore

Come ignorare un fenomeno che ci tiene incollati davanti alla TV o su internet a sondare dati, a sincerarci sulle nuove scoperte, a fare un bilancio di morti, guariti e contagiati?

Il virus, sani o malati, ci ha contagiato tutti.
Ha superato i confini delle nazioni ed è l’argomento principe ovunque: nei talk show, al telegiornale, sui social.

Ci sta facendo esplorare le nostre fragilità, la nostra solitudine, il nostro attaccamento alla vita; sta mettendo alla prova il nostro senso di responsabilità, ma anche il grado della nostra umanità, la capacità di essere solidali verso gli altri.
Ci ha messo davanti agli occhi che non possiamo più marciare da soli, che serve coesione, condivisione, empatia.

Abbiamo anche scoperto che ci sono moltissimi eroi, gente comune che si è ritrovata a dover fronteggiare con coraggio questa terribile emergenza: medici, infermieri, forze dell’ordine, sacerdoti, volontari, e non dobbiamo neppure dimenticare tutte quelle persone che ci consentono di portare in tavola il cibo: gli agricoltori, ad esempio, e tutte le persone legate a questa filiera, i trasportatori e i commessi che, anche nascosti dietro una mascherina, ci accolgono con gentilezza nei negozi, nei supermercati.

Come voi, sto sperimentando il tormentone #iorestoacasa e lo vivo bene: mi sto rendendo conto di quante cose ci sono da fare in casa e mi sento più vicina alle persone che condividono con me questa quotidianità.

Sperimento il desiderio di cercare sui social persone che non sento da un po’ e chiedo loro come stanno. Forse, sono anche più connessa di prima alle emozioni e ai sentimenti, perché ho più tempo per riflettere e sto riconsiderando la mia vita, le mie priorità, e so che, come voi, uscirò trasformata da questa esperienza.
Sono certa che una volta fuori da questa emergenza, i miei passi prenderanno un’altra direzione.

Questo virus danneggia i polmoni, uccide le persone, anche quelle che amiamo; sta mettendo in ginocchio l’economia mondiale, ma ci ha anche fatto capire che dobbiamo guardare il mondo con occhi diversi, che solo uniti possiamo ottenere dei risultati, che dobbiamo salvaguardare il nostro pianeta, che dobbiamo aiutarci l’un l’altro, perché essere più umani non vuol dire essere deboli, e forse, da tutto questo, il nostro cuore uscirà rinnovato.

Scrittura #7 I “mobili” sentimenti

divano

E poi cominciò a chiedersi che ne sarebbe stato di quel divano. […] Lo immaginò fuori, sulla strada serpeggiante, in attesa di qualcuno che lo volesse, sotto il sole cocente dell’isola che ne esaltava i segni d’usura. Immaginò i suoi nonni mentre lo compravano. Si figurò l’angusto negozio di mobili a Fira […] sua nonna che indugiava sui colori e suo nonno con l’espressione dolce e niente da dire“.
(Ann Brashares, Quattro amiche per sempre)

Gli oggetti recano impressi i segni del ricordo, se ne impregnano… semplicemente, come un odore che resta persistente nella trama di un tessuto.

Il ricordo impigliato finisce per far parte dell’oggetto, ne diventa un tratto distintivo e osservarlo o toccarlo ci consente di fare un tuffo nella memoria.

Questi oggetti, vere e proprie macchine del tempo, recano tracce profonde e i loro caratteri così noti e cari ci procurano nell’atto dell’abbandono lo stesso dolore e la vaga nostalgia di quando un amico si allontana.

Sedeva al tavolo di cucina del loft. A casa di sua madre il tavolo in cucina era fatto di pino o ciliegio o un altro legno. Aveva mille nodi e scalfitture, ma era caldo. Questo tavolo, come il resto nella loro cucina, era di acciaio inossidabile. Si poteva ripulirlo da ogni macchia, ma era duro sotto le sue braccia, duro e freddo“.
(Ann Brashares, Quattro amiche per sempre)

Si possono esprimere emozioni attraverso gli oggetti: due tavoli da cucina messi a confronto possono, ad esempio, essere la chiave di lettura di due scelte di vita molto diverse.