14 febbraio, San Valentino e le lettere d’amore

14 febbraio San Valentino e le lettere d’amore

Il 14 febbraio è San Valentino, da sempre la festa degli innamorati. Propongo di celebrare questo giorno con un piacevole ricordo: le lettere d’amore.

Oggi è San Valentino e il pensiero di questa festa mi ha fatto venire in mente un gesto che un tempo, lontani dai social, dalle chat e da mille modi virtuali di incontrare e comunicare con le persone, era naturale, quando si voleva esprimere a qualcuno il proprio amore o la propria vicinanza affettiva: prendere una penna e scrivere una lettera.

Ricordate quelle missive di carta e inchiostro che molti attendevano con ansia: per conoscere i sentimenti di una persona amata; per avere notizie di chi era lontano; per sapere se un amico o un’amica stavano bene o erano felici a chilometri di distanza da noi.

Un’infinità di messaggi ed emozioni viaggiava su fogli di carta vergata o sottile come velina, spostandosi magari per mare, per terra o via cielo.
Mi sembrava significativo ricordare questa bella usanza, con la speranza che qualcuno possa mettere a frutto queste parole, prendendo in mano una penna o una matita e mettendo nero su bianco le proprie sensazioni, le proprie trepidazioni o il fremere di un batticuore e poi, inviandole al destinatario, con l’anima colma di attesa.

La festa di San Valentino e la consuetudine di inviare lettere mi hanno anche ricordato un libro e in particolare una lettera d’amore in esso contenuta, che è il motore di una bellissima storia.
La lettera è davvero singolare e sono sicura che non mancherà di lasciare anche in voi un segno memorabile.

Cara Capra,
come ci si innamora? Si casca? Si inciampa, si perde l’equilibrio e si cade sul marciapiedi, sbucciandosi un ginocchio, sbucciandosi il cuore? Ci si schianta per terra, sui sassi? O è come rimanere sospesi oltre l’orlo di un precipizio, per sempre?

So che ti amo quando ti vedo, lo so quando ho voglia di vederti. Non un muscolo si è mosso. Nessuna brezza agita le foglie. L’aria è ferma. Ho cominciato ad amarti senza fare un solo passo. Senza neanche un battito di ciglia. Non so neppure quando è successo.
Sto bruciando. È troppo banale per te? No, e lo sai. Vedrai. È quello che capita, è quello che importa. Sto bruciando.
Non mangio più, mi dimentico di mangiare, mi sembra una cosa sciocca, che non c’entra. Se ci bado. Ma non bado a niente. I miei pensieri straripano furiosi, una casa piena di fratelli, legati dal sangue, che si dilaniano in una faida:
“Mi sto innamorando”.
“Tipica scelta stupida”.

“Eppure… L’amore mi tormenta come se fosse dolore”.
“Sì, continua così, manda a puttane la tua vita. È tutto sbagliato e lo sai. Svegliati. Guarda le cose in faccia”.
“C’è una faccia sola, l’unica che vedo, quando dormo e quando non dormo”.
Stanotte ho buttato il libro dalla finestra. Ho provato a dimenticare. Tu non vai bene per me, lo so, ma quello che penso non mi interessa più, a meno che non pensi a te. Quando sono accanto a te, davanti a te, sento i tuoi capelli che mi sfiorano la guancia anche se non è vero. Qualche volta guardo altrove. Poi ti guardo di nuovo.
Quando mi allaccio le scarpe, quando sbuccio un’arancia, quando guido la macchina, quando vado a dormire ogni notte senza di te, io resto,
come sempre,
Montone
” (tratto da “La lettera d’amore” di Cathleen Schine)

Buon San Valentino!

Emergenza Covid-19: lasciamo che il virus ci “contagi” il cuore

Emergenza Covid19 lasciamo che il virus ci contagi il cuore

Come ignorare un fenomeno che ci tiene incollati davanti alla TV o su internet a sondare dati, a sincerarci sulle nuove scoperte, a fare un bilancio di morti, guariti e contagiati?

Il virus, sani o malati, ci ha contagiato tutti.
Ha superato i confini delle nazioni ed è l’argomento principe ovunque: nei talk show, al telegiornale, sui social.

Ci sta facendo esplorare le nostre fragilità, la nostra solitudine, il nostro attaccamento alla vita; sta mettendo alla prova il nostro senso di responsabilità, ma anche il grado della nostra umanità, la capacità di essere solidali verso gli altri.
Ci ha messo davanti agli occhi che non possiamo più marciare da soli, che serve coesione, condivisione, empatia.

Abbiamo anche scoperto che ci sono moltissimi eroi, gente comune che si è ritrovata a dover fronteggiare con coraggio questa terribile emergenza: medici, infermieri, forze dell’ordine, sacerdoti, volontari, e non dobbiamo neppure dimenticare tutte quelle persone che ci consentono di portare in tavola il cibo: gli agricoltori, ad esempio, e tutte le persone legate a questa filiera, i trasportatori e i commessi che, anche nascosti dietro una mascherina, ci accolgono con gentilezza nei negozi, nei supermercati.

Come voi, sto sperimentando il tormentone #iorestoacasa e lo vivo bene: mi sto rendendo conto di quante cose ci sono da fare in casa e mi sento più vicina alle persone che condividono con me questa quotidianità.

Sperimento il desiderio di cercare sui social persone che non sento da un po’ e chiedo loro come stanno. Forse, sono anche più connessa di prima alle emozioni e ai sentimenti, perché ho più tempo per riflettere e sto riconsiderando la mia vita, le mie priorità, e so che, come voi, uscirò trasformata da questa esperienza.
Sono certa che una volta fuori da questa emergenza, i miei passi prenderanno un’altra direzione.

Questo virus danneggia i polmoni, uccide le persone, anche quelle che amiamo; sta mettendo in ginocchio l’economia mondiale, ma ci ha anche fatto capire che dobbiamo guardare il mondo con occhi diversi, che solo uniti possiamo ottenere dei risultati, che dobbiamo salvaguardare il nostro pianeta, che dobbiamo aiutarci l’un l’altro, perché essere più umani non vuol dire essere deboli, e forse, da tutto questo, il nostro cuore uscirà rinnovato.