Hard boiled: il genere letterario e i suoi “eroi”

Hard boiled il genere letterario e i suoi eroi

L’hard boiled è un genere letterario che si sviluppa negli Stati Uniti e darà il via a una vera e propria rivoluzione del genere poliziesco.

Pistola in pugno e bionda al fianco può essere una descrizione spiccia ma adeguata del detective del genere letterario hard boiled.
Il termine deriva da un’espressione colloquiale riferita alle uova. Per un uovo essere “hard boiled” significa “essere sodo”, “duro”.

Questo genere letterario risale agli anni venti, prende forma nei romanzi di Dashiell Hammett ed è messo a punto negli anni trenta da Raymond Chandler.
L’hard boiled fa parte della detective fiction e del genere poliziesco, come la variante francese del noir, ma in questo tipo di romanzi il crimine è rappresentato in modo realistico, così come il sesso e la violenza, lasciando ben poco spazio alla deduzione dei gialli classici.

Sin dai suoi esordi, questo particolare genere era saldamente connesso all’esistenza di certe riviste “pulp”, come “Black Mask”. Il termine “pulp”, cioè polpa, trae origine dalla carta con cui erano stampate questo tipo di riviste. Essa si otteneva dalla polpa dell’albero ed era di una qualità più scadente rispetto a quella proveniente dal resto del tronco. Era più ruvida e spessa e ingialliva in poco tempo.
Queste riviste sono ricordate in particolare per le storie che contenevano: sfacciate, violente e a volte addirittura oscene. A colpire i lettori erano anche le copertine, generalmente sexy o raccapriccianti.

Dopo essere apparsi sulle riviste, i romanzi hard boiled finiscono negli scaffali delle librerie, pubblicati dalle case editrici specializzate. Si tratta di edizioni in brossura, note come “pulps”.

Gli eroi di questo genere letterario sono detective come Sam Spade di Hammett o Philip Marlowe di Chandler. Questo tipo di investigatori, oltre a risolvere i casi, fronteggiano ogni sorta di pericolo e spesso sono coinvolti in scontri violenti.

Il detective hard boiled è un “duro”, un solitario, sfrontato, freddo e irriverente. È un investigatore privato che lavora da solo; la sua età oscilla tra i trentacinque e i quarantacinque anni.
Non è quello che si potrebbe definire un buon padre di famiglia; non ha molti amici e in genere, incontra le sue conoscenze nei luoghi che abitualmente frequenta, in particolare, locali notturni, dove mostra la sua natura di incallito bevitore. Ma si tratta di un vizio che non gli annebbia la mente e neppure i riflessi, sempre pronti, se necessario.

La dieta dell’eroe targato hard boiled è improntata a favorire l’infarto o gravi malattie cardiovascolari, costituita com’è da uova fritte, pancetta e caffè nero, cui si aggiungono sigarette e whiskey, tanto per accelerare la dipartita, se il piombo di coloro contro i quali incoccia non facessero prima il loro dovere.

Il linguaggio che utilizza il detective hard boiled è fortemente gergale e come la sua vita, spesso fuori dai binari della legalità, passa dai vocaboli malavitosi ai termini delle forze dell’ordine.
In effetti, è un uomo di poche parole, ha una netta preferenza per i monosillabi, ma quando esprime un concetto è capace di allestire metafore colorite. È anche sarcastico, ma con scarso senso dell’umorismo.

Il protagonista del genere hard boiled non abbandona mai la sua pistola che non esita a usare contro i criminali.
Le sue donne ideali sono bellissime e bionde. Tendenzialmente, sono delle clienti piombate nel suo ufficio per offrirgli l’incarico di seguire il marito infedele, e il più delle volte rivelano un lato oscuro.

In ogni caso, i suoi rapporti con il genere femminile sono difficili, conflittuali. Spesso il detective hard boiled deve fare i conti con una storia d’amore fallita, che gli ha lasciato delle ferite e una profonda amarezza e disillusione. All’apparenza sembra un misogino.

Non ha mai il becco di un quattrino, eppure è generoso: quando prende un caso il più delle volte si accontenta di una paga simbolica.
Le vicende in cui si trova invischiato sembrano facili da risolvere, all’inizio, ma poi si rivelano complesse e ingarbugliate e lo costringono ad affrontare mille peripezie e disavventure.
Spesso, seguendo le sue piste, si scontra con la malavita organizzata ed è costretto a muoversi per le strade più malfamate di città come New York, Los Angeles o Chicago.

I guai lo cercano e lui non può farne a meno. Spesso è un ex poliziotto e nelle sue nuove vesti di investigatore ha un rapporto ambiguo con le autorità, anche se a volte, intuisce che come lui sono dalla parte del bene, però la disillusione, specie se si trova a contrastare la corruzione, lo portano ad agire da solo, anche se questo significa infrangere le regole.

Arthur Conan Doyle e il mitico detective, Sherlock Holmes

Arthur Conan Doyle e il mitico detective, Sherlock Holmes

Il 22 maggio del 1859, nasceva Sir Arthur Conan Doyle (Edimburgo, 22 maggio 1859 – Crowborough, 7 luglio 1930), capostipite del giallo deduttivo, padre, almeno in veste letteraria, del genio investigativo, Sherlock Holmes.

Conan Doyle – insieme a Edgar Allan Poe (Boston, 19 gennaio 1809 – Baltimora, 7 ottobre 1849) – è considerato il fondatore di ben due generi letterari: il giallo e il fantastico.
Nella sua vasta produzione, lo scrittore scozzese è passato dal romanzo d’avventura, alla fantascienza; dai temi storici al soprannaturale.

La prima opera di Doyle risale al 1879: “Il mistero di Sasassa Valley”, scritto pochi anni prima di laurearsi in Medicina e Chirurgia (1881), presso l’Università di Edimburgo. Non si trattava di un giallo, bensì di un racconto del terrore che Conan Doyle vendette al Chambers Journal.
Fu proprio mentre faceva da assistente medico a diversi dottori che iniziò ad appassionarsi alla letteratura e a scrivere le sue prime opere. Si ritiene, oltretutto che, il personaggio di Sherlock Holmes fosse ispirato a uno dei suoi professori di medicina: il brillante e freddo dottor Joseph Bell. Lo scrittore riprese anche il suo particolare metodo scientifico, oltre che le sue capacità deduttive.

Conan Doyle era indubbiamente un uomo dalle forti convinzioni, con un notevole senso dell’onore e durante la sua vita, sostenne diverse battaglie per i motivi più disparati, utilizzando la stampa per propugnare e sostenere il suo punto di vista, in modo davvero efficace e intraprendente.
Visse una gran varietà di esperienze umane: passò dalla povertà a una grande notorietà; conobbe anche molte persone importanti della sua epoca.
Esercitò come medico ed ebbe una lunga carriera come scrittore, praticò anche molti sport, come: cricket, biliardo, boxe, sci, motociclismo e calcio.

Fu mentre passava da un incarico di lavoro all’altro, ancora come medico, che iniziò a scrivere le avventure di Sherlock Holmes, più precisamente, nel periodo in cui aveva aperto uno studio medico nel Southsea (sobborgo di Portsmouth).
Le storie del singolare detective iniziarono ben presto ad avere un discreto successo. Il primo romanzo, dove compare questo singolare e arguto personaggio, risale al 1887: “Uno studio in rosso”, pubblicato sul Beeton’s Christmas Annual.
In questa prima apparizione, Doyle presenta Sherlock Holmes, delineando le principali caratteristiche del suo acuto investigatore e esponendo, al contempo, la perspicace scienza della deduzione che contraddistingue il suo metodo di indagine. Lo fa, utilizzando la voce del dottor Watson che in un certo senso è il suo alter ego.
Nel 1880, compare una seconda avventura di Sherlock Holmes, “Il segno dei quattro”, questa nuova avventura dell’infallibile detective gli decretò un enorme successo.

Nonostante la notorietà di Doyle sia dovuta proprio al personaggio di Holmes, il rapporto fra i due fu piuttosto contrastato: lo scrittore lo odiava, perché era diventato più famoso di lui.
Inoltre, Doyle avrebbe preferito esplorare generi letterari diversi, come l’avventura o il fantastico oppure dedicarsi a opere di ricerca storica, invece di soffermarsi prevalentemente sui gialli.
L’elemento fantastico penetra, però, anche in alcune storie di Sherlock Holmes, ad esempio, il romanzo “Il mastino dei Baskerville” (1902) e il racconto “Il vampiro del Sussex” (1927).

Il personaggio di Sherlock Holmes è comparso in quattro romanzi e cinquantasei racconti ed è diventato l’emblema del giallo. Inoltre, il successo di cui è stato oggetto lo ha portato a uscire dalle pagine scritte, per passare nel mondo del teatro, del cinema e della TV, e, secondo alcuni critici, è la più famosa figura di detective della storia del giallo.

Doyle ci presenta Holmes in questo modo: “il suo sguardo era acuto e penetrante; e il naso sottile aquilino conferiva alla sua espressione un’aria vigile e decisa. Il mento era prominente e squadrato, tipico dell’uomo d’azione. Le mani, invariabilmente macchiate d’inchiostro e di scoloriture provocate dagli acidi, possedevano un tocco straordinariamente delicato, come ebbi spesso occasione di notare quando lo osservavo maneggiare i fragili strumenti della sua filosofia” (La scienza della deduzione, II capitolo di “Uno studio in rosso”, Mondadori, 1976).

Non sappiamo molto del passato di Sherlock Holmes e neppure della sua vita personale. Le sue storie, poi, sono quasi tutte narrate in prima persona dal dottor John Watson, amico e biografo, che Holmes conosce nel 1881, quando cerca un coinquilino con cui condividere l’appartamento al 221B di Baker Street.

La convivenza tra l’investigatore e il dottore funziona alla perfezione e anche le indagini guadagnano da questa perfetta simbiosi, mentre il rapporto tra Doyle e il suo personaggio continua a essere tutt’altro che sereno: lo scrittore giunse a un punto da tale di insofferenza nei confronti del suo investigatore, da volersi liberare di lui in modo definitivo.

Nel racconto “L’ultima avventura”, Sherlock Holmes muore, durante un duello con il suo formidabile antagonista: Moriarty.
Purtroppo per Doyle, il suo pubblico si oppose alla prematura dipartita del personaggio e lo scrittore, a malincuore, si convinse a scrivere un nuovo romanzo con lo stesso protagonista: “Il mastino dei Baskerville”, ambientato prima della presunta morte, avvenuta nel 1891.
Successivamente, siccome il corpo dell’incredibile detective non era stato rinvenuto, Doyle lo fece risuscitare e tornare alacremente al lavoro ne “L’avventura della casa vuota”, ambientata nel 1894.
Nei tre anni mancanti, Sherlock Holmes – veniamo a sapere dallo scrittore – sarebbe stato nascosto, per occuparsi di un incarico segreto da parte del governo britannico.

La carriera investigativa di Sherlock Holmes termina con un tranquillo pensionamento: il detective si ritira dapprima nel Sussex, a studiare l’apicoltura, poi in una fattoria vicino a Eastbourne, dove si occuperà di agricoltura e filosofia, ma solo dopo aver dato man forte all’Inghilterra, come agente del governo, durante la prima guerra mondiale.

Sherlock Holmes è un personaggio complesso, pieno di sorprese. Oltre a una mente brillante, il nostro intraprendente detective non disdegna di affrontare faccia a faccia i suoi avversari, anche contrastandoli fisicamente: è un eccellente schermidore e pratica il pugilato a mani nude. Inoltre, conosce il bartitsu (sistema di lotta derivato dal jujitsu giapponese), ciò lo rende uno dei primi occidentali ad aver praticato le arti marziali orientali.

Holmes possiede anche curiose conoscenze e abitudini: è in grado di distinguere all’istante vari tipi di terreno; è edotto di ogni dettaglio, riguardante misfatti commessi nel suo secolo; è un profondo conoscitore di tabacco (ha scritto un trattato su questo argomento); non disdegna i travestimenti nei quali è piuttosto abile.
Inoltre, è anche un buon violinista, oltre che un accanito fumatore di pipa.

Per quanto riguarda le capacità sociali e relazionali, nei vari romanzi, il personaggio di Sherlock Holmes mostra di avere un buon rapporto solo con il suo amico Watson, mentre sembra emotivamente distaccato e disinteressato a tutti gli altri.
Non si interessa neppure alle donne: vuole avere la mente lucida, mentre “l’amore è un’emozione, e tutto ciò che è emozione contrasta con la fredda logica che io pongo al di sopra di tutto” (“Il segno dei Quattro”).

Per le sue investigazioni, Sherlock Holmes applica il metodo scientifico: osserva la realtà circostante, raccoglie prove e indizi e poi trae le sue mirabili deduzioni.
Un’attenta osservazione dei dettagli è sempre il primo passo, cui segue la raccolta di prove inoppugnabili, grazie alle quali è possibile formulare le giuste conclusioni.

Per quanto riguarda la scrittura di Doyle, in riferimento alle storie di Sherlock Holmes, il suo linguaggio appare serratissimo, anche quando ci sono in corso dei monologhi o delle descrizioni. In entrambi i casi la scrittura è asciutta e quasi concatenata, da tale modo di procedere, si ottiene un quadro netto e preciso.
Interessante poi, è la contrapposizione tra i casi che Holmes deve risolvere, che sono di una singolarità estrema e la semplicità della loro soluzione, ovviamente, una volta risolti.

Il personaggio di Sherlock Holmes, al di là delle sue caratteristiche psicologiche e fisiche che lo contraddistinguono, risulta particolare per il contrasto tra il modo in cui appare e quello che invece è (es. tenente Colombo). È alto, ha una figura esile, all’apparenza sembra debole, mentre in realtà, è esattamente il contrario; appare come uno sciocco, mentre è chiaramente tutt’altro.

In ogni caso, le capacità di Conan Doyle non si fermano qui: non solo lo scrittore è abile nel descrivere le situazioni e i personaggi, ma sa sfruttare brillantemente anche gli elementi atmosferici, associandoli all’andamento della storia: es. una sera tempestosa collegata a eventi drammatici e straordinari.