Vincent van Gogh: l’artista post-impressionista che amava i girasoli

Vincent van Gogh artista post-impressionista che amava i girasoli

Van Gogh ha dipinto paesaggi, ritratti e nature morte, ma tra i soggetti più amati dall’artista olandese ricordiamo i suoi girasoli dei quali ci resta una nutrita serie.

Il 21 giugno 2022, cade il solstizio d’estate e pensando a questa stagione, mi viene in mente per celebrarla un fiore che da solo può rappresentare questo periodo particolare dell’anno: il girasole e al contempo, penso a un artista che amò moltissimo questi singolari fiori, Vincent van Gogh, tanto da produrre, tra il 1888 e il 1889, una serie di dipinti a olio dedicata proprio ai girasoli. Inoltre, tra le sue opere, questo soggetto è uno dei più conosciuti dal grande pubblico.
L’artista cominciò a dipingerli recisi già nel 1887, a Parigi, in effetti, però, la produzione di questo particolare soggetto, ha inizio ad Arles, nel 1888.
L’artista arrivò nella cittadina francese in febbraio; ispirato dal luogo del quale si innamorò subito, pensò di invitare il suo amico, Paul Gauguin (1848 – 1903), per proporgli di creare un gruppo di artisti che loro due avrebbero guidato.

Di questo periodo particolarmente felice della vita del pittore sono i “Girasoli in vaso”. Van Gogh li dipinse durante l’estate ed erano destinati a decorare la stanza del suo ospite.
In una lettera indirizzata al fratello, Theo, l’artista sembra essere nel pieno di una fase creativa: “Ci sto lavorando ogni mattina, dall’alba in avanti, in quanto i fiori si avvizziscono così rapidamente”.

Van Gogh progettava di realizzare dodici tele. I primi quattro dipinti si suppone siano stati: “il Vaso con dodici girasoli”; “il Vaso con quindici girasoli”; “il Vaso con cinque girasoli”; “il Vaso con tre girasoli”.
Il suo amico, Paul Gauguin, arrivò ad Arles, nel mese di ottobre, ma non condivise il suo entusiasmo per la cittadina.
Questo periodo, particolarmente prolifico per il pittore che realizzò molti dipinti, fu invece molto difficile a livello personale: i litigi con Gauguin erano all’ordine del giorno, così come gli atti violenti da parte di Van Gogh. Alla fine, i due si separano burrascosamente nel mese di dicembre; all’epoca, l’artista olandese era in preda a un esaurimento, mentre il suo amico era in procinto di partire per Tahiti.

A dicembre, Van Gogh sta ancora dipingendo tele con girasoli – ne è riprova il dipinto di Gauguin che lo ha raffigurato mentre era all’opera – ma ormai, considerata la stagione, non potava più osservare i fiori dal vero. Forse, in quei giorni, l’artista si avvaleva dei suoi stessi dipinti come modello e li ricopiava facendo poche variazioni.

Gli studiosi stanno ancora valutando il periodo in cui il pittore realizzò le varie repliche della serie di girasoli. Al periodo in cui l’artista soggiornò ad Arles, sono stati attribuiti un numero esagerato di opere, questo, però, è chiaramente in contrasto con il periodo particolarmente difficile che stava vivendo a livello personale.

Van Gogh aveva delle preferenze numeriche per quanto riguarda il soggetto dei girasoli. Per la maggior parte sono 14 o 15. Questi numeri avevano per lui un significato particolare, e lo veniamo a sapere grazie a una lettera indirizzata al fratello. Il 14 era la somma dei 12 apostoli più due figure significative nella vita del pittore e cioè, Theo, suo fratello, e Paul Gauguin; il 15, invece, oltre ai già menzionati, comprendeva l’artista stesso.

Attualmente, i dipinti che raffigurano i girasoli non sono più conservati insieme in uno stesso luogo, ma dispersi in tanti musei diversi o in mano a privati. Un vero peccato: l’effetto della serie al completo doveva essere davvero magnifica.

Nei suoi dipinti, Van Gogh raffigura i girasoli in tutte le fasi della loro esistenza: dal bocciolo all’appassimento.
Nelle lettere indirizzate a Theo, l’artista parla con grande gioia e ottimismo dei suoi girasoli.
Nei primi dipinti, utilizza uno sfondo tra il blu e il violetto, per aumentare il contrasto tra il giallo del soggetto e il fondo su cui esso deve stagliarsi, in ciò si rifaceva alle tendenze degli artisti trasgressivi parigini.
Successivamente, Van Gogh scelse di mettere i girasoli in un vaso giallo e per il fondo usò una tonalità dello stesso colore. Questa soluzione gli sembrò migliore, perché così il dipinto irradiava luce e allegria.

Per l’artista il colore dei soggetti non doveva rispondere alla realtà, ma era un mezzo per esprimere le emozioni.
Le pennellate di Van Gogh sono dense e ruvide; spesso i tratti di pennello si sovrappongono, il pittore tracciava i successivi passaggi quando ancora il colore non era ben asciutto. A volte, scalfiva addirittura con il manico del pennello la vernice fresca.
Il colore era modellato, quasi fosse una scultura e lo spessore garantiva effetti di ombra e luce, al posto di quelli che si sarebbero potuti ottenere modificando il tono del pigmento.
Per i girasoli, Van Gogh fece un uso notevole del giallo cadmio che lui amava particolarmente e che per l’epoca rappresentava una novità: era un pigmento inventato di recente.

Nella serie dei girasoli in vaso, Van Gogh ha dato vita anche a un forte contrasto: sfondo e vaso sono piatti, mentre i fiori paiono contorcersi in tutte le direzioni.
La sua firma compare quasi sempre sul vaso e seguendo l’usanza dei grandi artisti del passato usa solo il nome di battesimo.

In copertina: Paul Gauguin, particolare del dipinto “Van Gogh che dipinge i girasoli” (1888) – Van Gogh Museum

La Notte stellata: Van Gogh, dalla realtà ai paesaggi dell’anima

Notte stellata Van Gogh dalla realtà ai paesaggi dell’anima

Quando dipinse “Notte stellata” Vincent van Gogh non pensava al dieci di agosto, la notte di San Lorenzo, ma il suo quadro a me fa pensare proprio a questa particolare notte, la notte dei desideri e delle stelle cadenti che rivedo nei vortici di luce che riempiono il cielo del suo dipinto.

Per quanto mi riguarda, nulla so con certezza. Ma la vista delle stelle mi fa sognare” (Vincent Van Gogh)

Vincent van Gogh (1853-1890) dipinse la “Notte stellata” (De sterrennacht) nel 1889. Questo famoso dipinto rappresenta un paesaggio notturno di Saint-Rémy-de-Provence e fa parte delle opere che il pittore realizzò durante il suo anno di degenza in una clinica per alienati mentali.
In questo periodo, van Gogh ebbe una intensa fase creativa, dipinse molte opere e al contempo, si affrancò dalla visione impressionista: nei suoi quadri la realtà era rielaborata attraverso l’immaginazione.

La data esatta della realizzazione della Notte stellata non è precisamente definita, si propende per il 19 giugno del 1889, perché l’artista nomina il quadro “un paesaggio con gli ulivi e anche uno studio di un cielo stellato”, in una lettera al fratello Theodorus (1857-1891, antiquario olandese, fratello minore di Vincent). Ma ci sono altre lettere che indicano una data antecedente, come quella che descrive il presunto paesaggio ritratto nel quadro: “Questa mattina dalla mia finestra ho guardato a lungo la campagna prima del sorgere del Sole, e non c’era che la stella del mattino, che sembrava molto grande” (Lettera n. 593 a Theo, 2 giugno 1889).
Facendo tutte le debite osservazioni di natura astronomica e aggiungendo ad esse le deduzioni derivanti dalla corrispondenza del pittore, le date più probabili sono due: il 19 giugno o il 23 maggio.

All’inizio Vincent van Gogh tenne con sé la Notte stellata, poi la inviò al fratello insieme con altri quadri.
L’anno successivo, l’artista si uccise, in un campo di grano maturo. Theo morirà nel 1891 e il dipinto passerà nelle mani della sua vedova, Johanna Gezina van Gogh-Bonger (1862-1925, pittrice olandese), per finire, successivamente, nelle collezioni del poeta Julien Leclercq. Poi il dipinto passò per varie altre mani, fino a giungere al suo ultimo e definitivo approdo: nel 1941, la Notte stellata fu acquistata dal Museum of Modern Art di New York.

Nella Notte stellata, van Gogh dipinse ciò che vedeva dalla stanza del manicomio di Saint-Remy, ma noi, guardandolo, non vedremo un paesaggio reale, bensì, un’interiorizzazione della realtà: l’espressione pittorica del mondo intimo dell’artista, vibrante delle sue emozioni e delle sue paure.

Nel 1888, prima di scegliere l’internamento volontario a Saint-Rémy, Vincent scrisse:
Con un quadro vorrei poter esprimere qualcosa di commovente come una musica. Vorrei dipingere uomini e donne con un non so che di eterno, di cui un tempo era simbolo l’aureola, e che noi cerchiamo di rendere con lo stesso raggiare, con la vibrazione dei colori […]. Ah il ritratto, il ritratto che mostri i pensieri, l’anima del modello: ecco cosa credo debba vedersi” (Vincent van Gogh, Arles, 3 settembre 1888).

In copertina: particolare della “Notte stellata” (De sterrennacht) di Vincent van Gogh, conservato presso il Museum of Modern Art di New York