Ivan Kramskoj e l’intimità della lettura

Ivan Kramskoj e l'intimità della lettura

Ivan Kramskoj è un altro degli autori che ha rappresentato in diversi dipinti il tema della lettura. In questo specifico ritratto, “Lettura. Ritratto della moglie dell’artista”, il pittore ha raffigurato sua moglie, Sofia Kramskaya, immersa nella lettura di un libro.

Lettura. Ritratto della moglie dell’artista” è un dipinto del 1866, del pittore e critico d’arte russo, Ivan Nikolaevič Kramskoj (Ostrogožsk, 8 giugno 1837 – San Pietroburgo, 6 aprile 1887), che fu anche capo e organizzatore del gruppo di artisti aderenti al Tovariščestvo peredvižnych chudožestvennych vystavok (Società per le esposizioni d’arte ambulanti). Gruppo che sorse nel 1870 a Pietroburgo, in reazione all’accademismo ufficiale, con il programma di rivolgere l’arte a motivi veristici e farne mezzo di educazione ed elevazione sociale.

“Lettura” fa parte dei lavori della fase iniziale dell’attività artistica di Kramskoj, ma già in questa tela si possono individuare gran parte dei tratti che caratterizzeranno la sua produzione pittorica futura.
Nel quadro possiamo ammirare un incantevole ritratto di donna che, seduta all’aperto, in un parco o in un giardino, sta leggendo un libro.

La donna del quadro è Sofia Kramskaya, consorte del pittore. I due coniugi ebbero un matrimonio felice e armonioso; Kramskoj nutriva per sua moglie un grande affetto e spesso la troviamo raffigurata nei suoi dipinti.
In questo specifico ritratto, Sofia è seduta su una panchina di pietra, ha un’espressione seria; gli occhi sono bassi, rivolti verso un grande libro che tiene aperto, sostenuto dalla sua mano sinistra. Il braccio destro è appoggiato con grazia su un cornicione di pietra, sul cui lato anteriore si affacciano delle foglie di una pianta rampicante.

Sofia è ritratta in una posa libera: la mano destra sorregge la fronte, la testa è inclinata leggermente in avanti, la mano sinistra aperta è posata sul grembo.
Gli abiti che indossa sono alla moda: uno scialle verde chiaro a strisce rosse (le avvolge morbidamente i fianchi e sporge da sotto il braccio, posato sul davanzale di pietra della panchina); una camicetta bianca con il colletto a balze; un’ampia gonna marrone.

I colori dei suoi vestiti sono chiari e brillanti, specie la camicia. Inoltre, una fonte di luce è concentrata sulla figura e la fa spiccare sullo sfondo scuro, dando la sensazione che Sofia sia avvolta in un alone luminoso, mentre un riverbero della luce investe anche il suo volto assorto nella lettura.
Un ciondolo compare al centro della sua scollatura a V, mentre attorno alla vita indossa una fascia di colore scuro.
Sul davanti della gonna è appoggiato un ombrello, mentre alle sue spalle, sulla sinistra del dipinto, intravediamo un cappello di paglia, a tesa larga, che presenta una fascia scura intorno alla base, dietro di esso sporgono le foglie di una pianta.

L’artista ha curato con precisione e realismo ogni dettaglio: i capelli scuri, lucidi e ricci composti in un’elegante acconciatura; la costosa spilla sul vestito; lo squisito scialle che è sceso dalle spalle.
Il pittore ha utilizzato colori espliciti e ha giocato con luci e ombre che donano una nota di morbidezza all’intera figura, al fine di esaltarne la sensualità, nonché la tenerezza.
È una scena intima, caratterizzata da una compostezza aristocratica e sembra quasi che la donna fosse ignara di essere oggetto delle attenzioni dell’artista.

Lo sfondo è fatto di alberi dalle foglie rosse e verdi; il sole sta tramontando e intravvediamo sulla sinistra del quadro uno scorcio del suo viaggio verso la notte, testimoniato dal cielo tinto di arancione.

In copertina: “Lettura. Ritratto della moglie dell’artista” (1866-1869) di Ivan Nikolaevič Kramskoj, olio su tela (dimensioni 56 x 64 cm), Tretyakov Gallery – Mosca, Russia

Vincent van Gogh: un artista e un lettore appassionato

Vincent van Gogh un artista e un lettore appassionato

Van Gogh era un lettore accanito. La lettura per il pittore olandese fu una consolazione, un rifugio, una compagnia, un’ispirazione e una passione profonda in tutto l’arco della sua vita.

Vincent van Gogh amava la lettura. In particolare, nel 1879, in un periodo oltremodo difficile per lui, leggeva senza sosta per tutto il giorno.

In questo periodo oscuro, l’artista interruppe anche la sua corrispondenza, con tutti, anche con il fratello Theo; leggere era il suo unico conforto, e in questa fase, quasi la sua unica ragione di vita: “Se non studio, se non cerco più, allora sono perduto”.

Al “Van Gogh Museum di Amsterdam” sono conservati solo tre i libri che per certo gli appartenevano. Due recano il nome Vincent sulla pagina dell’occhiello: “Chérie” di Edmond de Goncourt e “Histoire d’un paysan” di Èmile Erckmann e Alexandre Chatrian; il terzo, “Recueil de psaumes à l’usage des églises réformées” mostra tracce della sua inconfondibile scrittura. Se ne aggiunse un quarto, esposto l’ultima volta a Parigi nel 1972, poi andato disperso, “L’Amour” di Jules Michelet, un autore dall’artista molto amato, insieme a Dickens, Balzac, Zola, i fratelli Goncourt, Loti e vari critici d’arte come Charles Blanc o Sensier, Shakespeare.

È lo stesso Vincent a dichiarare il suo amore per la lettura: “Ho una passione pressoché irresistibile per i libri e sento continuamente il bisogno di istruirmi, così come ho bisogno di mangiare il pane”.

Van Gogh non è in ogni caso un collezionista di libri, non ha una biblioteca, perlomeno non fisica. Lui i libri li usa non li possiede e li fa suoi interiorizzandoli. Una volta che li aveva “digeriti”, li condivideva con gli amici, li regalava. La sua biblioteca era nella sua testa.

L’impossibilità di collezionare libri da parte dell’artista era dovuta anche alla sua vita errabonda: cambiò 37 indirizzi in 37 anni di vita e fu anche un uomo con poche risorse economiche. Questi due fattori non gli consentirono di accumulare molti volumi.

Conosciamo le sue preferenze in termini di lettura attraverso la sua corposa corrispondenza (ben 903 lettere!) e grazie a questa, sappiamo anche quali dei libri che l’artista ha letto nel corso della sua esistenza lo hanno maggiormente influenzato, quelli che hanno avuto un ruolo fondamentale nella sua arte e nella sua vita.

Per Vincent, leggere insegnava a vivere e a vedere, perché, secondo lui, letteratura, arte e vita erano intrecciate indissolubilmente.

L’artista olandese cercava nei libri la stessa libertà che cercava in pittura. E per lui, pittura e scrittura erano legate alla passione per i libri e per la natura. Inoltre, l’una completava l’altra e insieme facevano esistere il mondo.

La pittura poi, era per van Gogh una sorta di scrittura. Adoperare i colori giusti e tracciare una linea sulla tela per lui aveva la stessa valenza di uno scrittore che trova la parola giusta. Nelle sue lettere sono indicate centinaia di opere letterarie, di numerosi autori e in lingue diverse.

Van Gogh non aveva molti amici, la sua grande compagna era la sua arte pittorica, ma il suo genio artistico necessitava di ispirazione e sentiva anche il bisogno di staccare. Nei libri, l’artista trovava ciò che gli mancava, oltre a stimoli e suggerimenti per la sua creatività.

L’aspetto letterario fu fondamentale per la sua opera pittorica, basti pensare alle sue letture e ai temi che compaiono nei suoi quadri. Infatti, nelle sue opere, l’autore olandese mostra un particolare interesse per i poveri, i diseredati e le ingiustizie. Altresì, troviamo: la semplicità, il duro lavoro, l’umiltà, la terra, la natura, come pure, l’indagine dell’animo umano, la verità delle cose.

Van Gogh espresse il suo amore per i libri e la lettura in genere in venticinque opere pittoriche: cinque lavori su carta, diciotto dipinti, due schizzi sulle lettere. Tra queste, quella più affascinante ed enigmatica è la “Lettrice di romanzi”.

In questo dipinto l’artista ha raffigurato una donna che sta leggendo un libro. La figura ha colori scuri e netti ed è di profilo; le tinte sono marcate e definite. Il soggetto si staglia in primo piano, balzando dallo sfondo chiaro e luminoso.

Dal dipinto emerge la solitudine della donna, e la lettura cui è intenta è chiaramente un momento di evasione dalla realtà quotidiana.

In copertina: “La lettrice di romanzi” (1888) di Vincent Van Gogh

La Notte stellata: Van Gogh, dalla realtà ai paesaggi dell’anima

Notte stellata Van Gogh dalla realtà ai paesaggi dell’anima

Quando dipinse “Notte stellata” Vincent van Gogh non pensava al dieci di agosto, la notte di San Lorenzo, ma il suo quadro a me fa pensare proprio a questa particolare notte, la notte dei desideri e delle stelle cadenti che rivedo nei vortici di luce che riempiono il cielo del suo dipinto.

Per quanto mi riguarda, nulla so con certezza. Ma la vista delle stelle mi fa sognare” (Vincent Van Gogh)

Vincent van Gogh (1853-1890) dipinse la “Notte stellata” (De sterrennacht) nel 1889. Questo famoso dipinto rappresenta un paesaggio notturno di Saint-Rémy-de-Provence e fa parte delle opere che il pittore realizzò durante il suo anno di degenza in una clinica per alienati mentali.
In questo periodo, van Gogh ebbe una intensa fase creativa, dipinse molte opere e al contempo, si affrancò dalla visione impressionista: nei suoi quadri la realtà era rielaborata attraverso l’immaginazione.

La data esatta della realizzazione della Notte stellata non è precisamente definita, si propende per il 19 giugno del 1889, perché l’artista nomina il quadro “un paesaggio con gli ulivi e anche uno studio di un cielo stellato”, in una lettera al fratello Theodorus (1857-1891, antiquario olandese, fratello minore di Vincent). Ma ci sono altre lettere che indicano una data antecedente, come quella che descrive il presunto paesaggio ritratto nel quadro: “Questa mattina dalla mia finestra ho guardato a lungo la campagna prima del sorgere del Sole, e non c’era che la stella del mattino, che sembrava molto grande” (Lettera n. 593 a Theo, 2 giugno 1889).
Facendo tutte le debite osservazioni di natura astronomica e aggiungendo ad esse le deduzioni derivanti dalla corrispondenza del pittore, le date più probabili sono due: il 19 giugno o il 23 maggio.

All’inizio Vincent van Gogh tenne con sé la Notte stellata, poi la inviò al fratello insieme con altri quadri.
L’anno successivo, l’artista si uccise, in un campo di grano maturo. Theo morirà nel 1891 e il dipinto passerà nelle mani della sua vedova, Johanna Gezina van Gogh-Bonger (1862-1925, pittrice olandese), per finire, successivamente, nelle collezioni del poeta Julien Leclercq. Poi il dipinto passò per varie altre mani, fino a giungere al suo ultimo e definitivo approdo: nel 1941, la Notte stellata fu acquistata dal Museum of Modern Art di New York.

Nella Notte stellata, van Gogh dipinse ciò che vedeva dalla stanza del manicomio di Saint-Remy, ma noi, guardandolo, non vedremo un paesaggio reale, bensì, un’interiorizzazione della realtà: l’espressione pittorica del mondo intimo dell’artista, vibrante delle sue emozioni e delle sue paure.

Nel 1888, prima di scegliere l’internamento volontario a Saint-Rémy, Vincent scrisse:
Con un quadro vorrei poter esprimere qualcosa di commovente come una musica. Vorrei dipingere uomini e donne con un non so che di eterno, di cui un tempo era simbolo l’aureola, e che noi cerchiamo di rendere con lo stesso raggiare, con la vibrazione dei colori […]. Ah il ritratto, il ritratto che mostri i pensieri, l’anima del modello: ecco cosa credo debba vedersi” (Vincent van Gogh, Arles, 3 settembre 1888).

In copertina: particolare della “Notte stellata” (De sterrennacht) di Vincent van Gogh, conservato presso il Museum of Modern Art di New York

Ritratto d’autore

ritratto d'autore

Dal 7 ottobre 2015 fino al 10 gennaio 2016 si è svolta a Londra alla National Gallery la Mostra dedicata ai ritratti di Goya.

Non ho potuto ammirare i quadri dal vero, ma ho assistito a un documentario dedicato alla mostra.
Tra le interessanti osservazioni fatte dagli studiosi del pittore, mi ha colpito in particolare una: il rapporto intimo tra artista e soggetto.

Tra Goya e i suoi modelli o modelle c’era un’intimità tangibile, tuttora evidente e riconoscibile negli sguardi che i soggetti rivolgono a chi li osserva.

Quegli sguardi a volte sono carichi di passione o di forza, in altri casi da essi trapela ambizione o orgoglio per la propria posizione sociale.
Su ognuno di quei volti, però, si può leggere la personalità del soggetto, perché Goya non si limitava a riprodurre le fattezze dei suoi soggetti, ma si spingeva oltre, misurava il loro carattere, catturava i moti della loro anima.

Perciò, ogni ritratto conserva, imprigionato dai colori e dai tratti decisi del pennello, l’essenza vitale dei soggetti, che miracolosamente si rigenera, ogni volta che lo spettatore si pone davanti a essi per ammirarli.