“Primavera” di Monet: la lettura vista da un impressionista

Gli Impressionisti danno vita a un modo assolutamente innovativo di leggere e rappresentare il mondo. In un quadro di Monet, “Primavera”, troviamo già contenuti i tratti caratteristici di questo singolare movimento pittorico.

Claude-Oscar Monet (Parigi, 14 novembre 1840 – Giverny, 5 dicembre 1926), pittore francese, è ritenuto uno dei fondatori dell’Impressionismo, nonché uno dei suoi più prolifici esponenti.
Artisticamente, Monet fu un rivoluzionario. Ai suoi tempi, la Francia era una nazione viva e moderna, nel pieno dello sviluppo economico e sociale.

Nelle arti figurative evoluzione e innovazione non erano ancora arrivate: gli artisti continuavano a seguire le regole tradizionali dell’arte accademica, chiamata, con intenti derisori, “art pompier”, con tale definizione si includeva tutta la pittura prodotta in Francia nella seconda metà dell’Ottocento che era sotto l’influsso delle Accademie di Belle Arti e mirava a un classicismo esasperato.
Questo tipo di arte era gradita al potere ed era eseguita con tecnica magistrale, ma da alcuni era considerata spesso falsa e vuota, fino al cattivo gusto.

Monet era lontano dall’interpretazione accademica dell’arte. Secondo lui la prassi consolidata costringeva a rappresentare la realtà in modo arido e antiquato, mentre lui voleva ritrarre il mondo in modo più vitale e vero. Partendo da questa semplice premessa, il pittore francese divenne l’artefice di un’innovazione in campo tecnico e tematico.

La poetica dell’Impressionismo si avvalse in particolare delle scoperte scientifiche che all’epoca rivelarono il modo cui percepiamo ciò che ci circonda. Emerse che luce e colori, opportunamente elaborati dal nostro cervello, ci consentono di intuire la forma degli oggetti e le loro coordinate spaziali.

Forte di tale rivelazione, Monet eliminò definitivamente la prospettiva geometrica dai suoi quadri e si basò unicamente sulla visione diretta delle cose. Egli riproduceva oggetti e paesaggi seguendo solo l’istinto della visione e ignorando rilievo e chiaroscuro. Con tale metodo pittorico, i suoi dipinti acquistarono in spontaneità e freschezza. Inoltre, la sua pittura, abbandonata l’ossessione per i dettagli tipica dello stile accademico, divenne vibrante, indefinita e tesa ad afferrare l’impressione pura.

Monet trasse conclusioni stilistiche anche dagli studi sulla cromatica che lo spinsero, ad esempio, a teorizzare l’esistenza delle “ombre colorate”, in quanto le tinte di un dipinto subiscono l’influsso di quelle vicine. Inoltre, l’artista fece sempre maggior uso dei colori puri, affinché il dipinto riflettesse meglio la luce.
E in effetti, nelle sue tele i colori sono dissolti in una luce molto intensa, quasi abbagliante.
Monet dipingeva sempre alla luce naturale, all’aperto, en plein air, appunto, immergendosi nell’ambiente che aveva deciso di ritrarre, invece di restare nel chiuso dei tradizionali atelier.

Questa pittura all’aria aperta obbligava ad essere rapidi nell’esecuzione, cose che rientrava perfettamente nelle convinzioni pittoriche degli impressionisti, pronti a cogliere in ogni situazione le impressioni fuggevoli e irripetibili.
Il modo di dipingere di Monet lo ispirò anche nella scelta dei soggetti, in particolare, amava gli specchi d’acqua che variavano notevolmente in base alle condizioni di luce e colore. In linea con tutte queste considerazioni, le sue pennellate erano rapide e sintetiche.

Nel dipinto “Primavera” o “La lettrice”, realizzato da Monet nel 1872, troviamo messe in pratica le scelte stilistiche dettate dalla nuova poetica impressionista.
Nel quadro è ritratta la sua prima moglie, Camille Doncieux, mentre è intenta a leggere sotto un baldacchino di lillà.
Attualmente, l’opera è custodita al Walters Art Museum (già Walters Art Gallery, principale museo di arti visive di Baltimora, Stati Uniti).

Claude e Camille si sposarono nel 1870, in precedenza erano stati amanti e lei era stata la sua modella per i dipinti figurativi che il pittore francese realizzò tra gli anni Sessanta e Settanta dell’Ottocento.
Pare che Camille fosse davvero eccezionale come modella, tanto da essere utilizzata anche da altri pittori come, Auguste Renoir (1841 – 1919) ed Édouard Manet (1832 – 1883).

In una mostra, presso la galleria parigina di Durand Ruel, organizzata dagli Impressionisti dal 30 marzo al 30 aprile 1876, fu esposta anche la Primavera di Monet. L’artista aveva presentato diciotto opere e in sei di esse era ritratta Camille. In occasione di questa esposizione, al dipinto fu dato il titolo più generico di “Donna che legge”.

I quadri di Monet che raffigurano Camille sono le uniche immagini che ci restano di lei: Alice Hoschedé, la seconda moglie del pittore fece distruggere tutti i ricordi e le immagini della vita di Camille con l’artista.

In Primavera ci troviamo di fronte a un’incantevole scena di vita domestica.
Questo dipinto, come numerosi altri, fu realizzato nel giardino dell’abitazione di Monet ad Argenteuil, un piccolo villaggio a nord-ovest di Parigi, dove l’artista e la sua famiglia andarono a vivere dal 1871.
La scena è tipicamente impressionista e la presenza della donna serve ad arricchire la rappresentazione.

Camille è seduta, il suo ampio vestito rosa si allarga su un bellissimo prato punteggiato di fiori; è concentrata nella lettura e il suo volto e le sue forme sono ben delineati, cosa che non accade nelle raffigurazioni successive, dove la modella è più anziana e meno attraente.
La luce del sole emerge qua e là tra le fronde degli alberi e fa apparire chiazze di luce sul terreno e sul vestito di mussola.

In copertina: “Primavera” o “La lettrice” (1872) di Claude Monet (50 x 65,5 cm), conservato al The Walters Art Museum, Baltimora, Stati Uniti

“La liseuse”, l’assorta lettrice di Pierre-Auguste Renoir

“La liseuse”, l’assorta lettrice di Pierre-Auguste Renoir

Renoir è uno dei tanti artisti che ha raffigurato soggetti immersi nella nobile arte della lettura.
Nei suoi quadri, a leggere sono sia uomini sia donne, ma anche molti bambini e adolescenti, tutti accomunati dalla stessa “devota” concentrazione.
Una di queste attente figure è “La liseuse”, dipinta tra il 1875 e il 1876, in pieno periodo impressionista.

Il pittore Pierre-Auguste Renoir (Limoges, 25 febbraio 1841 – Cagnes-sur-Mer, 3 dicembre 1919) è ritenuto uno tra i massimi esponenti dell’Impressionismo e uno degli interpreti più spontanei di questo particolare movimento.

L’artista francese ha lasciato una messe davvero nutrita di opere: ben cinquemila tele e un numero altrettanto elevato tra disegni e acquerelli. Si è anche distinto per la sua poliedricità, attraversando nella sua carriera artistica diversi periodi.

In un suo scritto disse che “l’opera d’arte deve afferrarti, avvolgerti, trasportarti”. Secondo me, queste parole, calzano perfettamente anche per l’arte della lettura.
In uno dei tanti soggetti che Renoir ha raffigurato intento a leggere, possiamo ravvisare quel rapimento che l’artista ritiene si debba provare davanti a un’opera d’arte. Sto parlando del dipinto “La liseuse” (La lettrice) realizzato tra il 1875 e il 1876.

Nel dipinto, come afferma il titolo stesso, è raffigurata una donna immersa nella lettura di un libro.
A fare da modella a Renoir fu Marguerite Legrand, detta Margot, una giovane graziosa di Montmartre che morì di febbre tifoidea nel febbraio del 1879.
L’artista, che rimase molto colpito dalla sua morte, di lei disse che “aveva una pelle che rifletteva la luce”, e in questo ritratto, in effetti, il pittore è riuscito a mettere in risalto l’incarnato della sua amica, grazie alla nuova tecnica pittorica impressionista.

Realizzata in studio, l’opera è caratterizzata da una freschezza e da una spontaneità del tratto tipica dei dipinti eseguiti di getto, en plein air.

Nel quadro sono presenti pochissimi dettagli e un solo oggetto: un libro; perché Renoir intendeva concentrare l’attenzione dello spettatore sull’intensità della lettura.
Lo sfondo è accennato, in quanto deve solo trasmettere l’idea della profondità, senza definire un ambiente preciso, mentre i colori, chiari e luminosi, sembrano ravvicinare il viso della giovane all’osservatore.
Inoltre, per accrescere la luminosità cromatica della tela, Renoir accosta larghe e disordinate pennellate di colore, seguendo la tecnica impressionista.

L’artista ha anche fissato sulla tela dei punti di colore, quali: le labbra di un rosso brillante, lo jabot rosa che la ragazza indossa come ornamento sopra una blusa scura.
Gli occhi della lettrice sono rivolti verso il basso: due semplici ed essenziali linee nere.
L’espressione del viso è serena e trasmette a chi guarda la concentrazione della “Liseuse”, nonché il piacere della lettura che la ragazza, con il libro aperto davanti a sé, sta provando.

Renoir insiste sui colori, non traccia un contorno; utilizza il chiaroscuro per ravvivare il volto della ragazza, mentre le tonalità sono alterate da effetti di luce. Per l’incarnato, l’artista ha aggiunto dei violenti tocchi di giallo, sicuramente ispirati dall’ambientazione – probabilmente l’interno del Caffè Guerbois o del Café de la Nouvelle Athènes, luoghi tra i più frequentati dagli Impressionisti – cioè dalle tonalità dorate della luce artificiale a gas.

In questo dipinto, la luce gioca con il soggetto e i suoi riflessi creano dei richiami in vari punti della tela. Il pittore voleva dare la sensazione di un sole accecante che accende a tratti i capelli rossi della ragazza, illumina le pagine del libro aperto e poi si riflette dalla carta bianca sul viso della giovane.

Renoir ha applicato pennellate rapide, studiando con cura l’abbinamento di toni caldi e freddi, ad esempio: il rossore sfumato del volto di Margot si bilancia perfettamente con la zona blu-verde sul lato destro del dipinto.
Inoltre, le zone caratterizzate da colori freddi contrastano con i colori caldi riservati in particolare al volto e ai capelli del soggetto, e persino con i contorni della cornice della finestra che si profilano dietro la testa della ragazza.
Un tocco di luce compare leggero su una spalla e dona un accenno di volume alla figura.

In questo dipinto il disegno non detiene un ruolo speciale perché il soggetto è modellato dal colore.
I contorni sono labili e incerti. Successivamente, le opere di Renoir cambieranno registro riguardo all’importanza del disegno. Ma in questa fase, esso ha un ruolo subordinato, al contrario della tendenza della pittura accademica di quegli anni in cui occupava un posto preminente.

Gustave Caillebotte (1848 – 1894; pittore francese) acquistò “La liseuse” nel 1876; nel 1893, il dipinto entrò nelle collezioni statali francesi e successivamente, fu esposto al museo parigino du Luxembourg e al Louvre. Ora, si trova al museo d’Orsay.

In copertina: “La liseuse” (La lettrice) di Auguste Renoir, olio su tela, 47×38 cm (1876) conservato al Museée d’Orsay, Parigi

Vincent van Gogh: l’artista post-impressionista che amava i girasoli

Vincent van Gogh artista post-impressionista che amava i girasoli

Van Gogh ha dipinto paesaggi, ritratti e nature morte, ma tra i soggetti più amati dall’artista olandese ricordiamo i suoi girasoli dei quali ci resta una nutrita serie.

Il 21 giugno 2022, cade il solstizio d’estate e pensando a questa stagione, mi viene in mente per celebrarla un fiore che da solo può rappresentare questo periodo particolare dell’anno: il girasole e al contempo, penso a un artista che amò moltissimo questi singolari fiori, Vincent van Gogh, tanto da produrre, tra il 1888 e il 1889, una serie di dipinti a olio dedicata proprio ai girasoli. Inoltre, tra le sue opere, questo soggetto è uno dei più conosciuti dal grande pubblico.
L’artista cominciò a dipingerli recisi già nel 1887, a Parigi, in effetti, però, la produzione di questo particolare soggetto, ha inizio ad Arles, nel 1888.
L’artista arrivò nella cittadina francese in febbraio; ispirato dal luogo del quale si innamorò subito, pensò di invitare il suo amico, Paul Gauguin (1848 – 1903), per proporgli di creare un gruppo di artisti che loro due avrebbero guidato.

Di questo periodo particolarmente felice della vita del pittore sono i “Girasoli in vaso”. Van Gogh li dipinse durante l’estate ed erano destinati a decorare la stanza del suo ospite.
In una lettera indirizzata al fratello, Theo, l’artista sembra essere nel pieno di una fase creativa: “Ci sto lavorando ogni mattina, dall’alba in avanti, in quanto i fiori si avvizziscono così rapidamente”.

Van Gogh progettava di realizzare dodici tele. I primi quattro dipinti si suppone siano stati: “il Vaso con dodici girasoli”; “il Vaso con quindici girasoli”; “il Vaso con cinque girasoli”; “il Vaso con tre girasoli”.
Il suo amico, Paul Gauguin, arrivò ad Arles, nel mese di ottobre, ma non condivise il suo entusiasmo per la cittadina.
Questo periodo, particolarmente prolifico per il pittore che realizzò molti dipinti, fu invece molto difficile a livello personale: i litigi con Gauguin erano all’ordine del giorno, così come gli atti violenti da parte di Van Gogh. Alla fine, i due si separano burrascosamente nel mese di dicembre; all’epoca, l’artista olandese era in preda a un esaurimento, mentre il suo amico era in procinto di partire per Tahiti.

A dicembre, Van Gogh sta ancora dipingendo tele con girasoli – ne è riprova il dipinto di Gauguin che lo ha raffigurato mentre era all’opera – ma ormai, considerata la stagione, non potava più osservare i fiori dal vero. Forse, in quei giorni, l’artista si avvaleva dei suoi stessi dipinti come modello e li ricopiava facendo poche variazioni.

Gli studiosi stanno ancora valutando il periodo in cui il pittore realizzò le varie repliche della serie di girasoli. Al periodo in cui l’artista soggiornò ad Arles, sono stati attribuiti un numero esagerato di opere, questo, però, è chiaramente in contrasto con il periodo particolarmente difficile che stava vivendo a livello personale.

Van Gogh aveva delle preferenze numeriche per quanto riguarda il soggetto dei girasoli. Per la maggior parte sono 14 o 15. Questi numeri avevano per lui un significato particolare, e lo veniamo a sapere grazie a una lettera indirizzata al fratello. Il 14 era la somma dei 12 apostoli più due figure significative nella vita del pittore e cioè, Theo, suo fratello, e Paul Gauguin; il 15, invece, oltre ai già menzionati, comprendeva l’artista stesso.

Attualmente, i dipinti che raffigurano i girasoli non sono più conservati insieme in uno stesso luogo, ma dispersi in tanti musei diversi o in mano a privati. Un vero peccato: l’effetto della serie al completo doveva essere davvero magnifica.

Nei suoi dipinti, Van Gogh raffigura i girasoli in tutte le fasi della loro esistenza: dal bocciolo all’appassimento.
Nelle lettere indirizzate a Theo, l’artista parla con grande gioia e ottimismo dei suoi girasoli.
Nei primi dipinti, utilizza uno sfondo tra il blu e il violetto, per aumentare il contrasto tra il giallo del soggetto e il fondo su cui esso deve stagliarsi, in ciò si rifaceva alle tendenze degli artisti trasgressivi parigini.
Successivamente, Van Gogh scelse di mettere i girasoli in un vaso giallo e per il fondo usò una tonalità dello stesso colore. Questa soluzione gli sembrò migliore, perché così il dipinto irradiava luce e allegria.

Per l’artista il colore dei soggetti non doveva rispondere alla realtà, ma era un mezzo per esprimere le emozioni.
Le pennellate di Van Gogh sono dense e ruvide; spesso i tratti di pennello si sovrappongono, il pittore tracciava i successivi passaggi quando ancora il colore non era ben asciutto. A volte, scalfiva addirittura con il manico del pennello la vernice fresca.
Il colore era modellato, quasi fosse una scultura e lo spessore garantiva effetti di ombra e luce, al posto di quelli che si sarebbero potuti ottenere modificando il tono del pigmento.
Per i girasoli, Van Gogh fece un uso notevole del giallo cadmio che lui amava particolarmente e che per l’epoca rappresentava una novità: era un pigmento inventato di recente.

Nella serie dei girasoli in vaso, Van Gogh ha dato vita anche a un forte contrasto: sfondo e vaso sono piatti, mentre i fiori paiono contorcersi in tutte le direzioni.
La sua firma compare quasi sempre sul vaso e seguendo l’usanza dei grandi artisti del passato usa solo il nome di battesimo.

In copertina: Paul Gauguin, particolare del dipinto “Van Gogh che dipinge i girasoli” (1888) – Van Gogh Museum