Ann Radcliffe: la scrittura gotica al femminile

Ann Radcliffe: la scrittura gotica al femminile

Ann Radcliffe con i suoi romanzi ha aperto la strada alla letteratura dell’orrore, è stata un’antesignana del romanzo gotico e ha creato nuovi ruoli per le donne nella letteratura.

Ann Ward, nota come Ann Radcliffe (Holborn, 9 luglio 1764 – Holborn, 7 febbraio 1823), è stata una popolare scrittrice inglese, una vera pioniera della letteratura dell’orrore e soprattutto del romanzo gotico.
Anche quando raggiunse un notevole successo, la Radcliffe continuò a condurre una vita appartata: non frequentava né gli ambienti alla moda né le feste, e per questo, le notizie che la riguardano sono davvero scarse. C’era una tale penuria di fatti anche ai suoi tempi che, nel 1823, quando morì, “The Edinburgh Review” scrisse: “Non appariva mai in pubblico, né si mescolava nella società, ma si teneva defilata, come il soave usignolo che canta le sue note solitarie, celato e non visto”.

Ann Radcliffe nacque a Holborn (Londra); era l’unica figlia del merciaio William Ward e di Ann Oates, appassionata lettrice, iniziò la carriera come scrittrice scrivendo racconti per divertimento.
Nel 1789, pubblicò in forma anonima il romanzo “The Castles of Athlin and Dunbayne” (I castelli di Athlin e Dunbayne). Già in questa prima opera si respira l’atmosfera tipica dei suoi romanzi successivi e compaiono quelle che saranno le sue consuete protagoniste: giovani donne che solitamente vivono le loro tenebrose avventure in castelli lugubri e oscuri.

Le sue opere divennero molto popolari, in particolare tra le giovani lettrici. Tra i suoi romanzi più famosi ricordiamo: “A Sicilian Romance” (Romanzo siciliano, 1790), “The Romance of the Forest” (Il romanzo della foresta, 1791), “The Mysteries of Udolpho” (I misteri di Udolpho, 1794) e “The Italian” (L’Italiano, 1797).

Ann Radcliffe fu considerata l’esponente di maggior spicco del romanzo storico in chiave gotica, grazie al successo riscosso in particolare da “Il romanzo della foresta”.
I suoi libri successivi ottennero risultati entusiastici e diedero il via a un numeroso gruppo di imitatori. Inoltre, alcuni grandi scrittori, come Jane Austen (1775 – 1817), trassero ispirazione dall’atmosfera presente nelle opere della Radcliffe.

Come nelle sue opere, anche la vita della scrittrice inglese si tinse di qualche sfumatura fosca. Pochi anni prima della sua morte, si vociferava soffrisse di depressione e che fosse stata addirittura rinchiusa in un manicomio per infermità mentale.
In realtà erano solo chiacchiere senza fondamento, infatti, il marito e il dottore che la visitò negli ultimi giorni di vita negarono ogni cosa.
Ann Radcliffe morì il 7 febbraio 1823 a causa di problemi respiratori e fu sepolta in una chiesa di Bayswater (Londra).

Il primo romanzo della Radcliffe, “I castelli di Athlin e Dubnayne”, non incontrò molti consensi; fu criticato soprattutto per i suoi anacronismi e per le interpretazioni poco realistiche delle Highlands. Anche il “Romanzo siciliano” pubblicato l’anno successivo non riscosse grandi attenzioni.
Le cose però, presero finalmente una piega diversa nel 1791, quando la scrittrice diede alle stampe il suo terzo lavoro: “Il romanzo della foresta”.
Nella prima edizione la Radcliffe lo pubblicò in forma anonima; nella seconda edizione iniziò ad aggiungere il proprio nome al frontespizio perché i suoi libri iniziarono a incontrare il favore del pubblico.

Nel 1794, andò in stampa il romanzo “I misteri di Udolpho” e la scrittrice inglese iniziò a guadagnare cifre da capogiro. Per farsi un’idea è sufficiente sapere che, all’epoca, l’importo medio guadagnato da un autore per un manoscritto era di 10 sterline. Per questo quarto romanzo della Radcliffe, gli editori, G. G. e J. Robinson, acquistarono il copyright per 500 sterline e fu un successo incredibile.
Nel 1797, per “L’Italiano”, Cadell e Davies pagarono 800 sterline. La Radcliffe era la scrittrice professionista più pagata degli anni 1790.
Questo romanzo fu concepito come risposta a “The Monk” (Il monaco) di Matthew Gregory Lewis (1775 – 1818) perché la Radcliffe non gradiva la direzione in cui si stava indirizzando la letteratura gotica.
L’ultimo romanzo dato alle stampe dall’autrice inglese fu “Gaston de Blondeville”, pubblicato postumo nel 1826.

Nei libri della Radcliffe i personaggi femminili sono alla pari con quelli maschili. Le sue giovani eroine sono in grado di dominare e superare i cattivi e gli eroi maschi tipicamente potenti, dando vita a nuovi ruoli per le donne nella letteratura precedentemente non contemplati.
Inoltre, la scrittrice inglese includeva nelle sue trame avvenimenti soprannaturali che però, alla fine erano “smascherati”, nel senso che la Radcliffe forniva sempre ai lettori una spiegazione razionale e solitamente, lo faceva verso la fine dei suoi romanzi, per accrescere la suspense.

Alcuni critici, dei lettori e persino certi suoi colleghi scrittori non amavano particolarmente il fatto che la Radcliffe disilludesse le loro aspettative. La denuncia più eloquente in questo senso fu quella di Walter Scott (1771-1832) che, nelle sue “Vite dei romanzieri” (1821-1824), scrisse: “Un passo furtivo dietro l’arazzo può, senza dubbio, in alcune situazioni, e quando i nervi sono sintonizzati su un certo tono, avere una non piccola influenza sull’immaginazione; ma se l’ascoltatore cosciente scopre che si tratta solo del rumore prodotto dal gatto, la solennità del sentimento è svanita, e il visionario è subito arrabbiato con il suo senso di essere stato ingannato e con la sua ragione per aver acconsentito all’inganno”.

Per quanto riguarda i paesaggi e le ambientazioni, la Radcliffe usava la narrazione a cornice, personificando la natura e spesso descriveva luoghi che non aveva mai visitato.
Si lasciò anche indubbiamente influenzare da diversi pittori, come: Claude Lorrain (1600 – 1682), Nicolas Poussin (1594 – 1665) e Salvator Rosa (1615 – 1673), per dare corpo agli elaborati paesaggi che facevano da sfondo alle sue storie.
In particolare, l’influenza di Lorrain emerge nelle descrizioni pittoresche e romantiche, ad esempio nel primo volume di “I misteri di Udolpho”; l’influenza di Rosa, invece, si fa sentire nei paesaggi oscuri e negli elementi del gotico.

La Radcliffe ebbe una notevole influenza su altri autori: ispirò la narrativa gotica ma anche molte parodie.
Nel Settecento, subirono il suo influsso scrittori come Matthew Lewis (1775-1818) e il Marchese de Sade (1740-1814), che lodarono il suo lavoro ma produssero narrativa più intensamente violenta.
È nota anche per aver generato numerosi imitatori minori, della “Radcliffe School”, come Harriet Lee (1757 – 1851) e Catherine Cuthbertson (1775 ca. – 1842).

All’inizio dell’Ottocento, anche Edgar Allan Poe (1809-1849) e Sir Walter Scott, che inframezzava il suo lavoro con poesie similmente alla Radcliffe, trassero ispirazione dai romanzi della scrittrice inglese.
Successivamente, Charlotte (1816 – 1855) ed Emily Brontë (1818 – 1848) continuarono la tradizione gotica della Radcliffe con i loro romanzi “Jane Eyre”, “Villette” e “Wuthering Heights” (Cime tempestose).

L’ammirazione per la Radcliffe è rinvenibile anche in famosi autori francesi, come Honoré de Balzac (1799-1850), Victor Hugo (1802-1885), Alexandre Dumas (1802-1870) e Charles Baudelaire (1821-1867).
Il romanzo soprannaturale di Honoré de Balzac “L’Héritière de Birague” (1822) segue la tradizione dello stile di Radcliffe e ne fa la parodia.

Spostandoci dalla Francia, scopriamo che anche lo scrittore russo Fëdor Dostoevskij (1821 – 1881) rimase profondamente colpito dalla Radcliffe, tanto che, in “Winter Notes on Summer Impressions” (Note invernali su impressioni estive, 1863) scrisse: “Passavo le lunghe ore invernali prima di andare a letto ascoltando (perché non sapevo ancora leggere), a bocca aperta per l’estasi e il terrore, mentre i miei genitori mi leggevano ad alta voce dai romanzi di Ann Radcliffe“.
Inoltre, vari studiosi hanno notato elementi di letteratura gotica fare capolino nei romanzi di Dostoevskij, e alcuni hanno cercato di mostrare l’influenza diretta del lavoro dell’autrice inglese sullo scrittore russo.

Se avete ancora dubbi riguardo alle capacità della Radcliffe, potete affidarvi al parere di un’autorità (Jane Austen) che nel suo romanzo “Northanger Abbey” (L’abbazia di Northanger) scrisse: “Ho letto tutte le opere della signora Radcliffe, e la maggior parte di esse con grande piacere. I Misteri di Udolpho, una volta iniziato, non riuscivo più a posarlo; ricordo di averlo finito in due giorni, con i capelli ritti in testa per tutto il tempo“.

Romanzo gotico: tra cupe atmosfere e personaggi misteriosi

Il romanzo gotico è un genere molto particolare che ebbe grande successo di pubblico. Terrore, turbamento, ambientazioni fosche e personaggi ambigui, a suo tempo, hanno sorpreso e affascinato un gran numero di lettori della media borghesia.

Il romanzo gotico, genere narrativo che ha fuso elementi del romanticismo con sfumature dell’orrore, nasce in seguito alla crescente alfabetizzazione della media borghesia, che nella letteratura cercava occasioni di evasione, e si evolve dalla seconda metà del XVIII secolo.
Le storie di questo particolare filone sono ambientate in epoca medievale. I luoghi dell’azione preferiti sono castelli diroccati, sotterranei e altri ambienti cupi e tetri.

Gli argomenti più trattati nel romanzo gotico, definito successivamente “romanzo nero” (attualmente è chiamato così il genere noir), sono l’amore perduto, i conflitti interiori e il soprannaturale.

Il termine “gotico” fu coniato con intento spregiativo da Giorgio Vasari (1511 – 1574; pittore, architetto e storico dell’arte italiano) nel Cinquecento, come sinonimo di barbarico e spaventoso, e faceva riferimento allo stile artistico e architettonico che nacque in Francia nel 1100 e si diffuse in Europa tra il Trecento e il Quattrocento.
Solo più avanti tale termine fu rivalutato e adottato per definire il genere narrativo che ebbe origine in Inghilterra dalla metà del Settecento e fu anticipatore del romanticismo.
Inoltre, nell’Ottocento, il romanzo gotico trovò un altro parallelo architettonico, quello con lo stile neogotico, che si affermò in contrasto con quello neoclassico, ed ebbe una certa fortuna proprio come il suo omologo letterario.

Per quanto riguarda le caratteristiche del romanzo gotico esso mostra innanzitutto amore per la fantasia e il sogno. Questo genere, che si allaccia per vari aspetti alla fiaba anche se i suoi finali sono generalmente amari, si ammanta di tutto ciò che terrificante, abnorme, mostruoso, inverosimile, soprannaturale. Inoltre, il soprannaturale può assumere varie sembianze: quelle di un fantasma oppure di un animale, o ancora di un oggetto. Quello che contava per gli autori di queste storie era provocare sorpresa, angoscia, terrore e un turbamento profondo nei lettori.

Il capostipite dei romanzi gotici è ritenuto “Il castello di Otranto”, romanzo breve del 1764 di Horace Walpole (1717-1797). Questo testo è ritenuto il primo racconto fantastico della letteratura inglese moderna ed è un’opera innovativa nel panorama letterario dell’epoca.
L’autore, conscio della novità del suo romanzo e temendo di coprirsi di ridicolo, se il libro non avesse incontrato il favore del pubblico, presentò la sua storia come la traduzione di un antico manoscritto, stampato a Napoli nel 1529 e trovato causalmente nella biblioteca di un’antica famiglia cattolica del nord Inghilterra.
La storia si svolge nella Puglia medievale, più precisamente nel Regno di Sicilia del re Manfredi (Manfredi di Hohenstaufen o Manfredi di Svevia o Manfredi di Sicilia, 1232 – 1266; ultimo sovrano della dinastia sveva del Regno di Sicilia). Questo romanzo che divenne un modello cui fecero riferimento nei secoli molti intellettuali, è una miscela ben riuscita di realismo e grottesco. Inoltre, l’autore non ha lesinato su misteri da svelare, passaggi segreti e minacce. Queste ultime in genere provengono dall’autorità politica e religiosa, come è possibile rilevare in alcune opere in particolare, quali: “L’italiano, o il confessionale dei penitenti neri” (1797) di Ann Radcliffe e “Il monaco” (1795) di Matthew Lewis.

Walpole temeva inutilmente il ridicolo: il suo romanzo ebbe un immediato successo, al punto che lo scrittore decise di far uscire, a soli due mesi di distanza dalla prima edizione, una seconda edizione.
In questa nuova pubblicazione, al sottotitolo “story”, fu aggiunto l’aggettivo “gothic” (a gothic story).

L’uso del termine “gotico” non era casuale e neppure limitato al raffronto con l’architettura omonima, esso includeva il forte interesse che nella seconda metà del Settecento si afferma nei confronti del Medioevo e di tutto ciò che è medievale: espressioni artistiche, oggetti dell’epoca, come: collezioni di monete, armature, antiche ballate. Tanto che l’aggettivo “gotico” finì per definire non solo lo stile architettonico, ma anche il periodo cui faceva riferimento e ben presto fu utilizzato come sinonimo di “medievale”.
Simbolo di questa nuova tendenza e del recupero dell’epoca antica è Strawberry Hill, la casa di campagna che Walpole comprò nel 1747 e che trasformò secondo il gusto gotico, fino a farla diventare una fortezza nei pressi di Londra.

A fare compagnia a Walpole nell’Inghilterra della seconda metà del Settecento ci sono altri scrittori di questo genere narrativo, come: Clara Reeve (1729-1807), William Beckford (1760-1844), Matthew Lewis (1775-1818), Charles Robert Maturin (1782-1824) e John William Polidori (1795-1821).

Dopo Walpole e Clara Reeve, le storie gotiche, pur svolgendosi sempre in ambientazioni fosche e tenebrose, videro ridursi gli eventi soprannaturali.
Fu Ann Radcliffe (1764 – 1823; popolare scrittrice inglese, pioniera della letteratura dell’orrore e in particolare, del romanzo gotico) a inaugurare questa nuova direzione del genere e importante in questo senso fu anche il romanzo epistolare “Dracula” (1897) di Bram Stoker (1847 – 1912; scrittore irlandese, noto in particolare per essere l’assistente personale dell’attore Henry Irving e il direttore economico del Lyceum Theatre di Londra) che rese popolare il personaggio del vampiro.

A livello temporale, il romanzo gotico è collocato preferibilmente in epoca medievale oppure nell’Ottocento. I temi più gettonati sono la morte, le antiche profezie e la possessione demoniaca, mentre le storie sono calate in un clima di terrore e di conflitti interiori senza soluzione.

Gli scrittori di romanzi gotici fanno a gara per destare nei lettori un senso di turbamento e di allarme costante, non si lasciano neppure sfuggire l’occasione di inserire scene violente, sangue e morti truculente.
Anche i personaggi si allineano a tutto il resto, spesso misteriosi e ambigui sono tormentati da pene d’amore e soggetti a passioni violente.

Immancabile poi in questo genere narrativo è una certa tipologia di donna: la vergine perseguitata (vedi il romanzo epistolare “Clarissa Richardson” di Samuel Richardson, pubblicato nel 1748, Lewis, la Radcliffe e il già citato Walpole). Queste giovani donne sono spesso vittime delle loro stesse pulsioni e spesso in fuga da seduttori malvagi o da terribili creature, come vampiri, fantasmi e stregoni. Possono anche essere imprigionate o essere affette da turbe psichiche che impediscono loro di distinguere la realtà dall’immaginazione.
A completare il quadretto idillico e richiamando scene consuete nei film horror, i personaggi dei romanzi gotici in generale vivono in luoghi isolati, lontani dai centri abitati oppure il loro isolamento è di matrice sociale, sono cioè degli emarginati.

In copertina: particolare del ritratto di Horace Walpole di Sir Joshua Reynolds (1756)