Grand Tour in Italia: fenomeno di costume per i letterati dell’800

Il Grand Tour in Italia tra bellezze artistiche e meraviglie naturali era un’usanza ottocentesca che ha spinto molti letterati aristocratici a viaggiare per attuare un percorso di formazione.

Da sempre meta di viaggiatori in cerca di storia e di bellezze artistiche, l’Italia ha attirato, in particolare, numerosi letterati stranieri nell’800, quando venire nel nostro Paese significava compiere un viaggio formativo, denominato Grand Tour.

Questo singolare viaggio era appannaggio dei rampolli dell’alta società, di solito inglesi. Gli stranieri consideravano il Grand Tour come parte dell’educazione culturale. E quale migliore formazione si poteva sperare, se non visitando la patria dell’arte.

Durante il viaggio, gli scrittori traducevano nei loro diari o epistolari le impressioni suscitate dal viaggio e successivamente, le trasponevano nei romanzi, dove finivano per costituire un implicito invito ai lettori a recarsi in Italia, il meraviglioso belpaese.

Tra gli scrittori che intrapresero felicemente il Grand Tour possiamo citare: Goethe (1749-1832), Dickens (1812-1870), Forster (1879-1970), George Eliot (1819-1880), Louisa May Alcott (1832-1888) e molti altri che come loro hanno riportato nei loro scritti momenti particolari di vita e impressioni varie, muovendosi dal nord al sud del Paese.

Intraprendere un simile viaggio nell’Ottocento non era impresa facile.
Ci si spostava su scomode carrozze che si destreggiavano su strade sconnesse e persino rischiose. Si affrontavano arrampicate su valli alpine “perduti in contemplazione delle nere rocce, delle cime e dei burroni paurosi, degli spazi di neve fresca, formatisi nei crepacci e nelle vallette, e dei torrenti tumultuosi che rombavano giù, a precipizio, nell’abisso profondo“, ci informa Dickens con dovizia di particolari.

Non ci si deve dunque meravigliare se per portare a buon fine questi Grand Tour a volte ci si impiegava degli anni. Per fortuna, rispetto agli odierni viaggi, c’era il vantaggio, per gli avventurosi turisti della cultura, che il costo della vita in Italia era sicuramente meno dispendioso di quello di altri Paesi.

I visitatori, oltre a prendersi tutto il tempo necessario, sceglievano le mete più ambite: Firenze, Venezia, Roma e Napoli, ma non erano disdegnati neppure i laghi e altre città minori.

Certe città lasciavano il segno su alcuni, mentre non avevano alcun effetto su altri.
Ad esempio, Dickens affermò che Milano, completamente occultata dalla nebbia – tanto da far sparire persino il Duomo – poteva essere tranquillamente scambiata per Bombay, mentre George Eliot rimane colpita dalla Galleria di Brera e dalla Biblioteca Ambrosiana.

A impressionare Oscar Wilde (1854-1900) è invece Firenze, con le sue bellezze artistiche e si rammaricherà molto di doversene andare. Però, a lasciarlo letteralmente di stucco fu Venezia, anche se le gondole nere che solcavano le acque della laguna gli richiamavano dei funesti carri funebri.

Non possiamo ovviamente tralasciare, Goethe, turista d’eccezione, che affrontò il suo Grand Tour in Italia tra il 1786 e il 1788.
Il poeta e scrittore attraversò tutto il Paese, da nord a sud, soppesando a ogni sosta monumenti, chiese e ville, e ammirando al contempo i paesaggi e le bellezze naturali delle piccole città. Inoltre resterà affascinato anche dagli abitanti e dalle particolari usanze, come la raccolta delle olive.
Attratto da Roma, resterà però particolarmente colpito dalla Sicilia, pur criticando la sporcizia e la polvere sulle strade.

I Grand Tour e i successivi resoconti dei viaggiatori fecero da cassa di risonanza e spinsero altri viaggiatori a coprire distanze anche considerevoli, per ammirare il Bel Paese, dando vita a quello che in epoche successive fu definito come turismo.

A intraprendere arditamente il Grand Tour non furono però solo gli uomini. Ci sono state diverse viaggiatrici che, sfidando le convezioni sociali, hanno affrontato gli incomodi del viaggio di formazione.
Una donna che viaggiava, soprattutto da sola e in un paese sconosciuto, non era ben vista, quanto meno non doveva essere una donna troppo rispettabile. Nonostante ciò, una schiera di donne coraggiose ha comunque raggiunto l’Italia e goduto delle bellezze artistiche del nostro Paese. Hanno anche annotato, come i loro colleghi uomini, impressioni, valutazioni e critiche e soprattutto, hanno dimostrato un maggior senso pratico e spirito di adattamento.

Tra le avventurose viaggiatrici citiamo: Madame de Staël (1766-1817), George Eliot che si dimostrerà molto critica e che resterà colpita più dalle bellezze naturali che da quelle artistiche.
Louisa May Alcott invece fece un secondo viaggio in Europa nel 1870, dopo il successo del suo libro “Piccole donne”. Insieme alla sorella e a un’amica giunse in Italia, passando per Milano. Nei suoi appunti di viaggio dirà che il Duomo era simile a un grande dolce di nozze, mentre a Roma, più che dalla città fu affascinata dalla campagna romana.

Il Grand Tour in Italia ha lasciato diversi segni.
Nelle città, visitate da questi turisti speciali, sono presenti varie targhe marmoree che testimoniano questa sorta di pellegrinaggio culturale. Ma soprattutto, la memoria di questi viaggi è viva nelle pagine dei libri, dove, in vario modo, ogni scrittore o scrittrice che ha attraversato l’Italia, ha tradotto la propria esperienza di viaggio, descrivendo luoghi e usanze, e più di un personaggio ha visto la sua prima scintilla di vita in un piccolo villaggio o in una grande città del nostro meraviglioso Paese.

In copertina: James Tissot, “London Visitors” (1874 ca.), olio su tela (dimensioni: 160 x 114 cm), conservato presso il Museo d’arte di Toledo

Ann Radcliffe: la scrittura gotica al femminile

Ann Radcliffe: la scrittura gotica al femminile

Ann Radcliffe con i suoi romanzi ha aperto la strada alla letteratura dell’orrore, è stata un’antesignana del romanzo gotico e ha creato nuovi ruoli per le donne nella letteratura.

Ann Ward, nota come Ann Radcliffe (Holborn, 9 luglio 1764 – Holborn, 7 febbraio 1823), è stata una popolare scrittrice inglese, una vera pioniera della letteratura dell’orrore e soprattutto del romanzo gotico.
Anche quando raggiunse un notevole successo, la Radcliffe continuò a condurre una vita appartata: non frequentava né gli ambienti alla moda né le feste, e per questo, le notizie che la riguardano sono davvero scarse. C’era una tale penuria di fatti anche ai suoi tempi che, nel 1823, quando morì, “The Edinburgh Review” scrisse: “Non appariva mai in pubblico, né si mescolava nella società, ma si teneva defilata, come il soave usignolo che canta le sue note solitarie, celato e non visto”.

Ann Radcliffe nacque a Holborn (Londra); era l’unica figlia del merciaio William Ward e di Ann Oates, appassionata lettrice, iniziò la carriera come scrittrice scrivendo racconti per divertimento.
Nel 1789, pubblicò in forma anonima il romanzo “The Castles of Athlin and Dunbayne” (I castelli di Athlin e Dunbayne). Già in questa prima opera si respira l’atmosfera tipica dei suoi romanzi successivi e compaiono quelle che saranno le sue consuete protagoniste: giovani donne che solitamente vivono le loro tenebrose avventure in castelli lugubri e oscuri.

Le sue opere divennero molto popolari, in particolare tra le giovani lettrici. Tra i suoi romanzi più famosi ricordiamo: “A Sicilian Romance” (Romanzo siciliano, 1790), “The Romance of the Forest” (Il romanzo della foresta, 1791), “The Mysteries of Udolpho” (I misteri di Udolpho, 1794) e “The Italian” (L’Italiano, 1797).

Ann Radcliffe fu considerata l’esponente di maggior spicco del romanzo storico in chiave gotica, grazie al successo riscosso in particolare da “Il romanzo della foresta”.
I suoi libri successivi ottennero risultati entusiastici e diedero il via a un numeroso gruppo di imitatori. Inoltre, alcuni grandi scrittori, come Jane Austen (1775 – 1817), trassero ispirazione dall’atmosfera presente nelle opere della Radcliffe.

Come nelle sue opere, anche la vita della scrittrice inglese si tinse di qualche sfumatura fosca. Pochi anni prima della sua morte, si vociferava soffrisse di depressione e che fosse stata addirittura rinchiusa in un manicomio per infermità mentale.
In realtà erano solo chiacchiere senza fondamento, infatti, il marito e il dottore che la visitò negli ultimi giorni di vita negarono ogni cosa.
Ann Radcliffe morì il 7 febbraio 1823 a causa di problemi respiratori e fu sepolta in una chiesa di Bayswater (Londra).

Il primo romanzo della Radcliffe, “I castelli di Athlin e Dubnayne”, non incontrò molti consensi; fu criticato soprattutto per i suoi anacronismi e per le interpretazioni poco realistiche delle Highlands. Anche il “Romanzo siciliano” pubblicato l’anno successivo non riscosse grandi attenzioni.
Le cose però, presero finalmente una piega diversa nel 1791, quando la scrittrice diede alle stampe il suo terzo lavoro: “Il romanzo della foresta”.
Nella prima edizione la Radcliffe lo pubblicò in forma anonima; nella seconda edizione iniziò ad aggiungere il proprio nome al frontespizio perché i suoi libri iniziarono a incontrare il favore del pubblico.

Nel 1794, andò in stampa il romanzo “I misteri di Udolpho” e la scrittrice inglese iniziò a guadagnare cifre da capogiro. Per farsi un’idea è sufficiente sapere che, all’epoca, l’importo medio guadagnato da un autore per un manoscritto era di 10 sterline. Per questo quarto romanzo della Radcliffe, gli editori, G. G. e J. Robinson, acquistarono il copyright per 500 sterline e fu un successo incredibile.
Nel 1797, per “L’Italiano”, Cadell e Davies pagarono 800 sterline. La Radcliffe era la scrittrice professionista più pagata degli anni 1790.
Questo romanzo fu concepito come risposta a “The Monk” (Il monaco) di Matthew Gregory Lewis (1775 – 1818) perché la Radcliffe non gradiva la direzione in cui si stava indirizzando la letteratura gotica.
L’ultimo romanzo dato alle stampe dall’autrice inglese fu “Gaston de Blondeville”, pubblicato postumo nel 1826.

Nei libri della Radcliffe i personaggi femminili sono alla pari con quelli maschili. Le sue giovani eroine sono in grado di dominare e superare i cattivi e gli eroi maschi tipicamente potenti, dando vita a nuovi ruoli per le donne nella letteratura precedentemente non contemplati.
Inoltre, la scrittrice inglese includeva nelle sue trame avvenimenti soprannaturali che però, alla fine erano “smascherati”, nel senso che la Radcliffe forniva sempre ai lettori una spiegazione razionale e solitamente, lo faceva verso la fine dei suoi romanzi, per accrescere la suspense.

Alcuni critici, dei lettori e persino certi suoi colleghi scrittori non amavano particolarmente il fatto che la Radcliffe disilludesse le loro aspettative. La denuncia più eloquente in questo senso fu quella di Walter Scott (1771-1832) che, nelle sue “Vite dei romanzieri” (1821-1824), scrisse: “Un passo furtivo dietro l’arazzo può, senza dubbio, in alcune situazioni, e quando i nervi sono sintonizzati su un certo tono, avere una non piccola influenza sull’immaginazione; ma se l’ascoltatore cosciente scopre che si tratta solo del rumore prodotto dal gatto, la solennità del sentimento è svanita, e il visionario è subito arrabbiato con il suo senso di essere stato ingannato e con la sua ragione per aver acconsentito all’inganno”.

Per quanto riguarda i paesaggi e le ambientazioni, la Radcliffe usava la narrazione a cornice, personificando la natura e spesso descriveva luoghi che non aveva mai visitato.
Si lasciò anche indubbiamente influenzare da diversi pittori, come: Claude Lorrain (1600 – 1682), Nicolas Poussin (1594 – 1665) e Salvator Rosa (1615 – 1673), per dare corpo agli elaborati paesaggi che facevano da sfondo alle sue storie.
In particolare, l’influenza di Lorrain emerge nelle descrizioni pittoresche e romantiche, ad esempio nel primo volume di “I misteri di Udolpho”; l’influenza di Rosa, invece, si fa sentire nei paesaggi oscuri e negli elementi del gotico.

La Radcliffe ebbe una notevole influenza su altri autori: ispirò la narrativa gotica ma anche molte parodie.
Nel Settecento, subirono il suo influsso scrittori come Matthew Lewis (1775-1818) e il Marchese de Sade (1740-1814), che lodarono il suo lavoro ma produssero narrativa più intensamente violenta.
È nota anche per aver generato numerosi imitatori minori, della “Radcliffe School”, come Harriet Lee (1757 – 1851) e Catherine Cuthbertson (1775 ca. – 1842).

All’inizio dell’Ottocento, anche Edgar Allan Poe (1809-1849) e Sir Walter Scott, che inframezzava il suo lavoro con poesie similmente alla Radcliffe, trassero ispirazione dai romanzi della scrittrice inglese.
Successivamente, Charlotte (1816 – 1855) ed Emily Brontë (1818 – 1848) continuarono la tradizione gotica della Radcliffe con i loro romanzi “Jane Eyre”, “Villette” e “Wuthering Heights” (Cime tempestose).

L’ammirazione per la Radcliffe è rinvenibile anche in famosi autori francesi, come Honoré de Balzac (1799-1850), Victor Hugo (1802-1885), Alexandre Dumas (1802-1870) e Charles Baudelaire (1821-1867).
Il romanzo soprannaturale di Honoré de Balzac “L’Héritière de Birague” (1822) segue la tradizione dello stile di Radcliffe e ne fa la parodia.

Spostandoci dalla Francia, scopriamo che anche lo scrittore russo Fëdor Dostoevskij (1821 – 1881) rimase profondamente colpito dalla Radcliffe, tanto che, in “Winter Notes on Summer Impressions” (Note invernali su impressioni estive, 1863) scrisse: “Passavo le lunghe ore invernali prima di andare a letto ascoltando (perché non sapevo ancora leggere), a bocca aperta per l’estasi e il terrore, mentre i miei genitori mi leggevano ad alta voce dai romanzi di Ann Radcliffe“.
Inoltre, vari studiosi hanno notato elementi di letteratura gotica fare capolino nei romanzi di Dostoevskij, e alcuni hanno cercato di mostrare l’influenza diretta del lavoro dell’autrice inglese sullo scrittore russo.

Se avete ancora dubbi riguardo alle capacità della Radcliffe, potete affidarvi al parere di un’autorità (Jane Austen) che nel suo romanzo “Northanger Abbey” (L’abbazia di Northanger) scrisse: “Ho letto tutte le opere della signora Radcliffe, e la maggior parte di esse con grande piacere. I Misteri di Udolpho, una volta iniziato, non riuscivo più a posarlo; ricordo di averlo finito in due giorni, con i capelli ritti in testa per tutto il tempo“.