La nascita di giornali e riviste e la loro evoluzione

Giornali e riviste a stampa compaiono più o meno negli stessi anni, un po’ in tutta Europa, sulla scia dell’invenzione di Gutenberg. La loro fortuna e diffusione aumenta considerevolmente nel corso dei secoli.

La nascita dei giornali è strettamente legata all’invenzione della stampa a caratteri mobili (1455). Questa nuova tecnica, introdotta in Europa da Gutenberg (1400 ca. – 1468), orafo e tipografo tedesco, rappresentò una vera e propria rivoluzione e produsse al contempo molti cambiamenti nella società dell’epoca.

Inizialmente, i giornali erano dei semplici fogli di informazioni che venivano distribuiti alla popolazione.
Verso la metà del 1500, a Venezia, si stampava la “Gaxeta” un foglio che prendeva il nome dall’omonima moneta che si pagava per acquistarla.
Successivamente, il nome mutò in “Gazzetta”. Questo termine fu adottato non solo in Italia ma anche in altri paesi ed era sinonimo di giornale.

Aumentano le informazioni e di pari passo cresce il numero di pagine dei giornali che riportano notizie di vario genere.

Quasi contemporaneamente, nel 1600 compaiono in Francia e in Inghilterra le prime riviste. Negli anni seguenti, accade lo stesso in Italia e in Germania e, ancora più avanti si affermano anche nel resto d’Europa e negli Stati Uniti.

Questi giornali escono con cadenza periodica, di solito una volta al mese, e trattano di scienza, filosofia, letteratura. Sono chiaramente rivolti a dei lettori colti e intendono diffondere informazioni sui progressi della scienza e anche su ciò che avviene nel mondo della cultura.

Dal 1700, tali periodici aumentano notevolmente e si specializzano, ognuno eleggendo un unico tra gli argomenti culturali finora trattati.
Queste riviste hanno un’ampia diffusione, grazie soprattutto alla maggiore alfabetizzazione delle persone che sono quindi più attratte dalla lettura, ma anche perché i progressi della scienza e le nuove scoperte attirano l’interesse.
In questa fase, c’è anche una certa diffusione del romanzo, di ogni genere, in particolare quelli d’avventura e la lettura diventa uno dei passatempi preferiti della nuova classe borghese. Inoltre, la grande diffusione della stampa comporta un abbassamento dei prezzi e quindi, consente a molte più persone di poter accedere a libri e riviste.

In Europa, nei secoli successivi, proliferano i periodici, curati da Accademie, da intellettuali, da scrittori o da giornalisti. Alcuni hanno breve durata, mentre altri godono di successo e fortuna, arrivando addirittura ai nostri giorni.

Nell’Ottocento, nelle riviste iniziano a comparire anche delle illustrazioni. Le prime sono di xilografie in bianco e nero. Successivamente, si passa alle litografie anche a colori.
Si cerca in tutti i modi di interessare i lettori, puntando anche su copertine sempre più accattivanti.

Dalla fine del XIX secolo fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, l’arte dell’illustrazione grafica acquista sempre più importanza, dando vita a una vera e propria arte che gareggia con la pittura, grazie all’intervento di grandi artisti.

Per quanto riguarda i contenuti testuali, le riviste letterarie di questo periodo pubblicano saggi, articoli in tema, interviste, recensioni e biografie, Inoltre, tra le pagine si possono trovare anche racconti e poesie sia di autori affermati sia di esordienti.

Storia della scrittura: dai geroglifici agli emoticon #16 nasce la tipografia

Storia della scrittura: dai geroglifici agli emoticon 16 nasce la tipografia

La scrittura finora è stata legata alle capacità di abili artigiani che per svolgere il loro difficile compito impiegavano anni, chini sulla carta a tracciare segni.
Ora, con la rivoluzionaria invenzione della stampa, le cose cambiano profondamente.

Inizialmente, la stampa non fu percepita come un cambiamento determinante, come invece sarà chiaro in tempi successivi, anche perché si cercò di mantenere una continuità con le opere manoscritte: le prime opere a stampa cercavano di emulare il lavoro degli scrivani.

Le pagine stampate prevedevano degli spazi vuoti che sarebbero stati riempiti da un miniatore e la parola d’ordine era: proseguire con la tradizione.
A questo scopo, si studiavano delle lettere maiuscole molto elaborate; si usavano gruppi di caratteri legati fra loro per simulare le legature tipiche della scrittura a mano.
La Bibbia latina stampata da Gutenberg nel 1450 è molto vicina agli esempi manoscritti del suo tempo.

In ogni caso, la stampa non fu una conquista semplice e immediata, bensì fu il risultato di molte invenzioni tecniche.
I cinesi conoscevano i caratteri mobili già dall’XI secolo; era già noto anche il torchio a vite che era usato ancor prima di Gutenberg, per stampare sui tessuti e lisciare e lucidare la carta.

Nel XV secolo si imprimevano lettere e immagini in precedenza incise sul legno; la stampa si otteneva sfregando il verso di un foglio sistemato su legno. La novità introdotta da Gutenberg, rispetto a tale procedimento, fu quella di meccanizzare il processo di stampa.

Il tipografo tedesco, Peter Schöffer o Petrus Schoeffer, (1425 ca.-1503) amico e collaboratore di Gutenberg, trovò il sistema per fondere i caratteri con l’aiuto di una lega di antimonio e piombo.
Gutenberg, invece, intuì le possibilità di un materiale già utilizzato in Cina: la carta.

I cinesi impiegarono diversi materiali prima di pervenire a quello più idoneo per produrre la carta, cioè la fibra di lino che diede i risultati più soddisfacenti.
Il procedimento prevedeva la decomposizione della fibra vegetale mediante macerazione, poi seguivano il lavaggio e la pressatura. La fibra forniva una polpa a cui si aggiungevano acqua e amido e si otteneva così la pasta della carta.

I cinesi non rivelarono il processo usato per ottenere la carta, almeno fino all’VIII secolo, quando lo comunicarono ai vincitori mongoli; da loro poi, passò ai persiani di Samarcanda, successivamente, ne furono informati i commercianti arabi che introdussero la carta in Sicilia e in Spagna.

Nel Duecento, in Europa esistevano già diverse fabbriche di carta che avevano migliorato il procedimento cinese, ma in sostanza, il processo restava quello da loro ideato.
A questo punto, la storia della scrittura si intreccia a doppio nodo con quella della tipografia.