Emily Dickinson: tra semplicità ed elaborate metafore

Emily Dickinson tra semplicità ed elaborate metafore

L’opera poetica di Emily Dickinson intensa e intima colpisce per la semplicità, per la singolare lettura degli elementi naturali attraverso i quali la poetessa riflette sul senso profondo della vita.

Emily Dickinson nacque nel 1830 ad Amherst (Massachusetts – USA).
La sua famiglia non era benestante, ma i suoi familiari erano persone in vista nella comunità locale: ebbero un ruolo fondamentale nella vita culturale, sociale e politica statunitense.
Sfogliando lettere e documenti comprendiamo che entrambi i genitori della poetessa erano molto severi, calati nel forte senso religioso e nelle rigide tradizioni puritane propugnate dai primi coloni inglesi che vissero proprio nella zona in cui la poetessa nacque e poi crebbe.

A quanto pare, Emily non soffrì particolarmente del clima rigido in cui visse e già in giovane età è evidente che è brillante e molto intelligente.
I suoi studi iniziali si svolgono all’Accademia di Amherst, poi in una delle scuole più importanti del New England: la Mount Holyoke Female Seminary. Ben presto, però, la Dickinson decise di proseguire gli studi da autodidatta: non sopportava il fatto di dover professare pubblicamente la religione cristiana. Infatti, già in questo periodo, la giovane poetessa aveva una visione piuttosto scettica della religione.
Questo però non escludeva un forte interesse per la sfera spirituale e proprio dal contrasto tra dubbio e ricerca della “verità” nasce e si evolve la particolare intensità della sua attività poetica.

Quando la Dickinson inizia a scrivere siamo intorno al 1850 e in quel periodo, nel New England, si stava profilando un’intensa attività letteraria.
La poesia era un genere molto popolare, anche se in quegli anni, per le donne era difficile intraprendere qualsiasi tipo di professione.

Per quanto riguarda la sua vita, la poetessa statunitense, a un certo punto, iniziò a evitare i contatti sociali e si rinchiuse nella sua camera, arrivando al punto di non uscirne neppure in occasione della morte degli amatissimi genitori.
La Dickinson mantenne contatti con l’esterno, ma solo attraverso una fitta corrispondenza con amici selezionati. Era particolarmente interessata agli eventi storici e alle tendenze culturali più importanti del suo tempo.

Scrisse moltissimo, ma sono davvero poche le poesie uscite dalla sua penna pubblicate quando lei era ancora in vita.
Curiosamente, la poetessa scriveva le sue poesie su dei foglietti che ripiegava con cura e cuciva tra loro con ago e filo e infine, li riponeva in un cassetto della sua stanza. Dopo la sua morte, il 15 maggio 1886, i suoi scritti furono rinvenuti da sua sorella Vinnie.
Nonostante la sua vita priva di eventi, nelle sue poesie la Dickinson mostra un’intensa e toccante immaginazione.

Il periodo più produttivo per la poetessa è quello degli anni della guerra civile americana (1861-1865). Probabilmente, perché molti dei suoi amici e corrispondenti più cari erano lontani.
Le sue poesie non furono comprese e apprezzate dagli editori della sua epoca e solo nel XX secolo, i critici rivalutarono la sua opera e la poetessa fu stimata, insieme con Walt Whitman, come una delle fondatrici della poesia americana.

Le poesie della Dickinson hanno come temi centrali: l’immobilità, la solitudine e il silenzio, e gli spazi a cui fa riferimento nelle sue poesie sono sempre interiori, quelli dell’animo umano, indagati con grande profondità, per rilevare la distanza che esite tra mondo interiore e mondo esterno.

La prima raccolta “Poems by Emily Dickinson” (Poesie di Emily Dickinson), composta da centoquattordici poesie, fu stampata dopo la sua morte, nel 1890. Poi, nel 1891 fu pubblicato “Poems: Second Series”, e nel 1895 “Poems: Third Series”.

Lo stile poetico della Dickinson, originale e lontano dal gusto e dagli eventi del suo tempo, è stato chiaramente influenzato dalle sue variegate letture: William Shakespeare, John Milton, i poeti metafisici, Emily Brontë e altri scrittori suoi contemporanei, il trascendentalismo di Emerson e persino la tradizione puritana del New England.

Le sue poesie sono brevi, composte da quartine con schema metrico: abab oppure abcb.
La Dickinson impiega spesso rime imperfette, utilizzando assonanze e allitterazioni. La sua tecnica poetica così particolare è stata assimilata a quella di un altro grande poeta visionario, William Blake.

Il linguaggio usato dalla poetessa statunitense è apparentemente semplice, mentre la sintassi è insolita. La Dickinson utilizza la punteggiatura in modo del tutto personale. Ad esempio, impiega i trattini al posto dei punti e delle virgole. Fa notevole uso di lettere maiuscole per conferire importanza a specifiche parole. Inoltre, utilizza paradossi e metafore insolite. L’insieme di tutte queste singolarità rende il senso delle poesie della Dickinson ambiguo e di non facile interpretazione.

Uno dei temi ricorrenti nelle poesie della Dickinson sono diversi: la natura, rappresentata in tutte le sue manifestazioni; la morte; la vita dopo la morte; l’eternità e Dio; l’amicizia; l’amore.

Pur trattando temi semplici e quotidiani, la sua poesia è investita da un’intensità e da una potenza suggestiva, che traggono vigore dalla sua profonda sensibilità e lasciano nel lettore un segno indelebile.

In copertina: Emily Dickinson fra il 1846 e il 1847

Riflessioni sul tempo: l’andatura pervicace della lumaca

Riflessioni sul tempo andatura pervicace della lumaca

Durante una delle mie passeggiate, ho osservato sul ciglio della strada una lumaca che procedeva pervicacemente nella sua direzione e mentre la guardavo muoversi alla sua caratteristica comoda andatura, ho pensato al tempo, alla velocità e a quanto siano relativi questi concetti.

La lumaca da sempre incarna la lentezza, ma questa considerazione si basa sul nostro modo di vedere il mondo.
Noi esseri umani, più passano gli anni, più aumentiamo la velocità delle nostre azioni e da questo nostro rapido punto di vista giudichiamo quello che ci circonda.

Partendo da questo presupposto, possiamo dedurre che, in realtà, la lumaca non è lenta, ma semplicemente mantiene la sua andatura, quella che la natura le ha conferito e che lei rispetta nei suoi gesti quotidiani, conducendo la sua vita alla stessa meditata e moderata velocità.

Solo noi umani viviamo spesso al di fuori di un ritmo naturale: affastelliamo mille cose nelle nostre giornate; impiliamo impegni su impegni in precario equilibrio; vogliamo arrivare dappertutto e nel minor tempo possibile.

Per cui, quando mangiamo ci ingozziamo e non assaporiamo più il cibo, respiriamo in modo affannoso, corriamo con l’auto per spostarci senza fare sforzi e il più rapidamente possibile, non riusciamo a vedere neppure le cose macroscopiche che ci circondano, non siamo capaci di goderci un istante di tranquillità.

Abbiamo perso completamente l’idea stessa di un ritmo naturale nel quale avvolgere la nostra vita.

Io credo che se riuscissimo almeno in parte a recuperare questo diverso senso del tempo e lo adattassimo al nostro carattere, alla nostra personalità, la nostra salute ci guadagnerebbe.

E non sempre la risposta che non possiamo perché dobbiamo fare tante cose in poco tempo è la risposta giusta…

A volte frenare ci fa acquistare tempo, ci consente di fare le cose molto meglio, e potremmo anche accorgerci che è possibile rallentare, che spesso siamo proprio noi che ci imponiamo questi ritmi infernali e insostenibili, e finiamo per ammalarci, perdendoci al contempo tante cose meravigliose che ci circondano.

In certe occasioni, concediamoci questo lusso: imitiamo la saggia lumaca… rallentiamo.