Gerrit Dou: un approccio realistico alla lettura

Gerrit Dou Donna anziana che legge approccio realistico alla lettura

Gerrit Dou ritrae in modo eccezionalmente realistico la figura di una donna anziana che sta leggendo e in tale ritratto mostra tutto il suo talento e la sua straordinaria capacità tecnica.

“Donna anziana che legge” o “Donna anziana che legge la Bibbia” è un dipinto a olio del pittore olandese Gerrit Dou o Gerard Dou (Leida, 7 aprile 1613 – Leida, 9 febbraio 1675). Eseguito dall’artista nel 1631-1632 circa, dal novembre 1912, è entrato nella collezione del Rijksmuseum di Amsterdam.
In passato fu ritenuta un’opera di Rembrandt; niente di strano, dato che nel 1628, il quattordicenne Dou fu il primo allievo di Rembrandt (Leida, 15 luglio 1606 – Amsterdam, 4 ottobre 1669) che era più grande di lui di soli sette anni.

Nel 1626, Rembrandt condivideva la sua bottega a Leida con un altro artista Jan Lievens (Leida, 24 ottobre 1607 – Amsterdam, 8 giugno 1674) e in quel periodo dipingeva con uno stile raffinato, impiegando forti contrasti tra luce e ombra. Questa tecnica, chiaramente espressa in “Donna anziana che legge”, fu successivamente abbandonata da Rembrandt che respinse tale raffinatezza, mentre il suo allievo si concentrò sul suo perfezionamento.

Quando nel 1632, il suo maestro si trasferì ad Amsterdam, Dou divenne il fondatore dei Fijnschilder (termine utilizzato per quei pittori olandesi che, in particolare tra il 1630 e il 1710, si adoperarono per una rappresentazione della realtà il più fedele possibile. Questo tipo di tecnica è stata portata a grandi altezze a Leida, specialmente da Gerrit Dou; si tratta di una tecnica estremamente raffinata e meticolosa, applicata principalmente nei cosiddetti dipinti di genere che ritraevano scene di attività quotidiane di piccolo formato) di Leida.

In “Donna anziana che legge”, Dou mostra tutto il suo talento e un grande abilità tecnica, nonostante la sua giovane età. La donna e i suoi abiti sono dipinti con estrema precisione, ma anche il testo biblico del lezionario e la stampa che lo accompagna sono altrettanto dettagliati e ben visibili.

Chi osserva il quadro vede chiaramente ciò che la donna sta leggendo: l’inizio del diciannovesimo capitolo del “Vangelo di Luca”, dove si afferma che chi desidera fare del bene dovrebbe dare il massimo dei suoi beni terreni ai poveri. Il messaggio stride con gli abiti costosi della donna anziana, che all’apparenza è ancora aggrappata ai suoi beni.

Dou raffigura l’anziana con un approccio eccezionalmente realistico per l’epoca e rispetto agli standard pittorici del Nord Europa.
L’artista dà allo spettatore la sensazione di trovarsi vicino al soggetto, mentre la donna ritratta sembra ignara di essere osservata, raffigurata di profilo è chiaramente e totalmente presa dalla lettura.

L’impiego del chiaroscuro, che Dou aveva imparato da Rembrandt, è tipico ed evidenzia i dettagli più importanti del dipinto. Lo sfondo è liscio, sobrio e non è fonte di distrazione.
A livello compositivo, l’artista crea una sorta di contrasto diagonale rilassante tra la parte superiore sinistra e quella inferiore destra.

Per lungo tempo, in pratica fino al 1900, quest’opera di Dou fu considerata il ritratto che Rembrandt fece di sua madre, Neeltgen Willemsdr van Zuijdtbroeck, da cui il titolo di “Madre di Rembrandt”. Questo fatto oltretutto si accordava con l’antica idea che Rembrandt avesse raffigurato molti dei suoi parenti nei suoi dipinti, per cui la sua paternità sembrava scontata.

Solo nel 1901, lo storico dell’arte Wilhelm Martin suggerì in un libro dedicato a Gerrit Dou che probabilmente “La donna anziana che legge” fosse di sua mano e non di quella del suo maestro.
A rinforzo di tale tesi, citava le caratteristiche stilistiche, evidenziando l’utilizzo del chiaroscuro e la struttura superficiale liscia tipica di Dou e il fatto che Dou e Rembrandt, così come Lievens, usassero spesso gli stessi modelli. In effetti, la stessa anziana signora compare nei dipinti di tutti e tre gli artisti e lo stesso Dou la dipinse più volte.

Dopo il 1900, fu anche chiaro che la designazione di alcuni modelli di Rembrandt come suoi parenti era del tutto infondata.
Quando nel novembre 1912, il dipinto fu offerto al Rijksmuseum dal lascito di A. H. Hoekwater, fu finalmente esposta come opera di Dou e con il suo attuale titolo.

In copertina: Gerrit Dou, “Lezende oude vrouw” (Donna anziana che legge) olio su tavola, 71,2 cm × 55,2 cm (1631-1632 ca.), conservato al Rijksmuseum, Amsterdam

“La lettrice” di Fragonard e il fascino della bellezza femminile

"La lettrice" di Fragonard e il fascino della bellezza femminile

“La lettrice” è un dipinto di Jean-Honoré Fragonard, risalente al 1776. Questo ritratto rappresenta una sorta di meditazione sulla bellezza e sugli effetti della lettura sull’animo femminile.

Jean-Honoré Fragonard (Grasse, 5 aprile 1732 – Parigi, 22 agosto 1806) è stato un pittore francese, un importante esponente del rococò e uno dei più importanti artisti francesi del Settecento.

Fragonard sapeva sfruttare al meglio le sue doti pittoriche. Faceva un uso particolare della luce e si avvaleva di una singolare rarefazione di specifiche parti, un valido artificio che gli consentiva di rappresentare con efficacia la leggerezza di alcuni elementi, come i panneggi o le bianche acconciature femminili.

Lavorò a Versailles fino alla rivoluzione, dopo la quale il suo stile fu rimpiazzato da quello neoclassico, caratterizzato da severità e tetraggine; l’opposto di quello di Fragonard che era assolutamente incapace di dipingere temi seri. Infatti, impossibilitato a gareggiare con i suoi pari aulici, aveva scelto di primeggiare tra i pittori di moda e i suoi dipinti più famosi raffigurano scene leggere e frivole, spesso erotiche.

Non disdegnò neppure i soggetti storici, i paesaggi e le opere di genere, ma la sua grande eleganza fu chiaramente impiegata nella pittura di carattere frivolo e malizioso.

Affascinato dalla bellezza femminile, Fragonard dipinse un nutrito gruppo di dipinti in cui sono raffigurate giovani donne in momenti di quieta solitudine.
Questi dipinti sono una specie di evocazione; le fanciulle che l’artista amava dipingere sono una sorta di personificazione della musica e della poesia.

Uno di questi dipinti “al femminile” è “La lettrice”. Nel quadro è raffigurata una ragazza con uno sgargiante vestito giallo; ha il capo inclinato ed è appoggiata a un grande cuscino rosa, piacevolmente assorta nella lettura di un libro che sorregge con delicatezza con la mano destra; l’altra mano è appoggiata a una poltrona.
Non sappiamo chi sia questa giovane concentrata a leggere, invece sappiamo, grazie ai raggi x, che sotto questo dipinto, l’artista aveva tracciato un disegno differente.
L’opera è datata 1776 ed è stata utilizzata in svariate edizioni del romanzo “Madame Bovary” di Gustave Flaubert.

Rispetto alle altre opere di Fragonard, questo dipinto è certamente più tranquillo. Si tratta di una scena di erudizione di una giovane donna e potrebbe essere definito un ritratto, anche se la donna non ci guarda. Da notare la postura delle mani e della schiena (molto dritta nonostante il grande cuscino) che denotano che la ragazza ha ricevuto un’educazione in materia di decoro ed etichetta.

La tecnica utilizzata da Fragonard è l’olio su tela. Notevole per la varietà dei tocchi, il dipinto è un buon esempio della pennellata rapida e vigorosa sviluppata dall’artista, e a volte definita “escrime” (scherma) dai suoi contemporanei.

Fragonard ha concepito questo dipinto, affinché fosse gradito agli occhi di chiunque, evitando gli interessi intellettuali e con l’intento di arrecare gioia e calore allo spettatore che l’artista coinvolge, inducendolo a porsi delle domande sulle conseguenze della lettura nel pensiero e nelle emozioni della fanciulla ritratta.
In questo modo, “La lettrice” diventa una meditazione sulla bellezza, ma anche sulle implicazioni della lettura nell’animo femminile.

Attualmente, “La lettrice” è conservata alla National Gallery of Art di Washington. Fu donata al museo nel 1961, dalla signora Mellon Bruce, in memoria di suo padre, Andrew W. Mellon. In precedenza, era appartenuta al dottor Tuffier.

In copertina: “La lettrice”, olio su tela (dimensioni 81,1×64,8 cm) di Jean-Honoré Fragonard, conservato alla National Gallery of Art, Washington

Albert Anker: quando la lettura diventa arte

Albert Anker: quando la lettura diventa arte

Il pittore svizzero Anker ha realizzato molti dipinti che raffigurano lettori e lettrici, mostrando quanto fosse importante la lettura nell’Ottocento e rimarcandone la diffusione, e il ruolo da protagonista da essa assunto nella vita delle persone.

Albert Samuel Anker (1° aprile 1831 a Ins, Canton Berna, Svizzera – 16 luglio 1910 ibid), pittore e grafico, è famoso per aver ritratto scene di vita quotidiana con grande vivacità.
Dipinse anche paesaggi rurali, ritratti di bambini, nature morte, scene con personaggi religiosi e storici.
L’artista ha anche dedicato numerose opere al tema della lettura e al piacere di leggere.
Del resto, Anker era un uomo colto, che scriveva e leggeva in ben sei lingue.

Passando in rassegna i libri della sua biblioteca, conservati nella casa museo di Ins e prendendo in esame la sua corrispondenza, scopriamo che il pittore, oltre alle opere teologiche e filosofiche, leggeva anche gli autori greci e latini in originale, e la Bibbia in ebraico.
Non disdegnava neppure la storia, il genere biografico, le descrizioni di viaggi, la storia naturale e quella dell’arte. Tra i suoi scaffali c’era spazio anche per la letteratura francese, come Honoré de Balzac (1799 – 1850) ed Émile Zola (1840 – 1902), e per tutte le opere dello scrittore svizzero Albert Bitzius (pseudonimo di Jeremias Gotthelf, 1797 – 1854).

Oltre ai libri, Anker leggeva anche i giornali. Le sue testate preferite erano “Suisse libérale” e “Berner Volkszeitung”.
I quotidiani gli consentivano di assorbire il gusto e lo spirito dei suoi tempi, di aggiornarsi sui fatti del mondo e di sondare le problematiche sociali che lo interessavano in particolar modo.

I suoi dipinti rispecchiano le sue tendenze e quelle della società in cui viveva: in molti ritratti compaiono uomini, soprattutto contadini di Ins, che leggono giornali. Infatti, a partire dalla metà dell’Ottocento, in Svizzera, c’era una notevole diffusione di periodici, anche nel ceto popolare.

Nel 1860, esistevano ben 298 testate tra giornali e riviste, che dimostravano la volontà del ceto contadino di emanciparsi sia a livello culturale sia a livello politico.
Nei suoi quadri Anker afferma anche il suo orientamento politico, mettendo in mano ai suoi contadini il “Seeländer Bote”, un giornale di ispirazione liberale e conservatrice.

A leggere però non sono solo gli uomini, in molte opere del pittore svizzero, infatti, sono raffigurate giovani donne che si dedicano con fervore alla lettura.
Arken con i suoi dipinti ha immortalato i cambiamenti sociali in atto ai suoi tempi. Se nel Settecento e nel primo Ottocento la lettura era stata un mezzo per istruire le ragazze della borghesia, ora questa tendenza si estende alle donne del ceto popolare.

L’artista però, non ha raffigurato donne intente a leggere giornali: la politica era ancora un affare da uomini. Alle donne erano destinate letture come la Bibbia, la storia della Svizzera, i romanzi di Gotthelf, biografie, poesie, novelle.
All’epoca, procurarsi libri per letture individuali era semplice: c’erano molte biblioteche popolari un po’ ovunque nel Cantone di Berna. Nel 1866 erano attive ben 173 “Jugend- und Volks-bibliotheken” (biblioteche per la gioventù e per il popolo)

Oltre a uomini e donne, Anker ha raffigurato anche bambini e adolescenti, fissati sulla tela mentre ad esempio leggono ad alta voce a qualcuno.
I soggetti ritratti hanno atteggiamenti attenti e sono particolarmente concentrati nel loro compito; ad ascoltarli ci sono compagni, fratellini più piccoli, genitori che stanno svolgendo lavori domestici oppure vecchi nonni.

Nell’Ottocento, nel Cantone di Berna gran parte della popolazione sa leggere. E il gesto di qualcuno che legge per altri indica non solo l’intimità e la complicità che la lettura è in grado di creare tra le persone, ma anche il valore che riveste tale attività per la scuola bernese.
Inoltre, i dipinti che raffigurano soggetti che leggono ad alta voce mostrano un metodo di insegnamento che mirava a far apprendere giusto tono e ritmo, e ad esprimere le emozioni, affinché gli ascoltatori fossero affascinati e conquistati, e mantenessero desta la loro attenzione.

Arken era un intellettuale a trecentosessanta gradi e la sua pittura mostra tutta la ricchezza della sua conoscenza.
Nell’esplorare la lettura e il mondo dei libri, l’artista ha assunto anche il ruolo di illustratore: nel 1890, ha realizzato duecento disegni per i nove volumi di opere scelte di Gotthelf.

Il pittore svizzero nei suoi dipinti ha riassunto la funzione della lettura, passando attraverso varie generazioni e includendo una larga tipologia di supporti: dal libro al giornale, dal documento alla lettera.
Ha raffigurato vari tipi umani: scolari; ragazze intente a pettinarsi o a lavorare a maglia che intanto leggono; bambini che osservano incuriositi dei fogli stampati; segretari comunali che confrontano documenti ufficiali; anziani che leggono la Bibbia o il giornale.

Dalla Bibbia ai romanzi, dall’apprendimento al consumo, la lettura è analizzata in tutte le sue forme; valutata per gli umori e le differenti reazioni che suscita. Inoltre, il pittore rappresenta i suoi lettori in varie ambientazioni: en plein air; seduti in poltrona; a letto durante una convalescenza.

Inoltre, ci sono momenti e momenti. C’è la lettura domenicale della Bibbia con la famiglia o la lettura delle missive di coloro che sono in guerra; c’è la lettura del giornale che tiene aggiornati sulle questioni del mondo oppure la lettura d’evasione, tipicamente femminile.

In pratica, i dipinti di Arken mostrano in un’efficace carrellata le varie declinazioni dell’affascinante mondo della lettura, dei lettori e del leggere in generale, evidenziando come questa attività nell’Ottocento accompagnasse in sordina ogni istante della vita delle persone.

In copertina: Albert Anker, particolare del dipinto “Eine Gotthelf-Leserin” (una lettrice di Gotthelf) – olio su tela 59 × 42 cm1884

“La Primavera”: un dipinto che riunisce bellezza, armonia e mistero

La Primavera un dipinto che riunisce bellezza armonia e mistero

Botticelli è riuscito con il suo dipinto “La Primavera” a mostrare tutta la bellezza che ogni anno rifiorisce nella stagione della rinascita.

Come tutti gli anni, la primavera climatologica inizia il 1° marzo, mentre quella astronomica è il 20 marzo, cioè il giorno in cui cade l’equinozio di primavera.
L’arrivo della stagione della rinascita si coglie già: dai primi rami fioriti lungo le strade; dalle gemme in attesa del benefico calore del sole; dal cielo azzurro pieno di promesse.

La primavera si avverte anche nell’aria: nel canto degli uccelli, nel ronzio festante delle api. Ma qualcuno diversi secoli fa, ha immaginato alla perfezione questa stagione e le ha fornito le sembianze di una donna con indosso uno splendido abito fiorito che sparge fiori a terra, cogliendoli dal suo grembo.
Stiamo parlando de “La Primavera” di Sandro Botticelli (1445 – 1510) che il pittore realizzò intorno al 1478. Dopo tanti secoli, questo dipinto continua a stupirci e a riempirci di meraviglia, non solo per la sua bellezza, ma anche per la grazia insita nelle pose e nelle figure racchiuse in un boschetto ombroso, e per l’aura di mistero che avvolge il dipinto, il cui significato più profondo è ancora in gran parte da svelare.

Il dipinto è una tempera grassa su tavola. Botticelli la realizzò per la villa medicea di Castello; attualmente, il quadro si trova nella Galleria degli Uffizi a Firenze.
La Primavera è considerato il capolavoro di Botticelli ed è al contempo una delle opere più celebri del Rinascimento italiano.
Il titolo fa riferimento a una nota del Vasari: “Venere che le Grazie fioriscono, dinotando Primavera”, dalla quale si è partiti per dipanare la complessa trama allegorica del quadro.

Botticelli realizzò questo dipinto per Lorenzo di Piefrancesco de’ Medici (1463-1503), cugino di secondo grado di Lorenzo il Magnifico.
In origine, “La Primavera” si trovava nel Palazzo di via Larga, poi fu trasferita nella Villa di Castello, dove Giorgio Vasari (1511 – 1574) la vide, nel 1550, accanto alla “Nascita di Venere”.
Nel 1815, l’opera era collocata nel Guardaroba mediceo; nel 1853 passa alla Galleria dell’Accademia e infine, nel 1919, approda agli Uffizi.

Guardando il dipinto ci ritroviamo immersi in un bosco. Le fronde degli alberi si flettono a formare una sorta di semi cupola da cui spuntano arance e fiori che trapuntano il verde come fosse un tessuto prezioso. Sullo sfondo si individua un cielo di un lieve azzurro. I personaggi sono nove e campeggiano in questo spazio in perfetta armonia, circondando il fulcro del quadro: la donna che sfoggia sopra l’abito chiaro, un drappo rosso e verde.

Il prato verde su cui i personaggi si muovono mostra una profusione di specie vegetali e sono visibili moltissimi fiori perfettamente riconoscibili: nontiscordardimé, viole, iris, ranuncoli, papaveri, fiordalisi, margherite, gelsomini, e altri ancora. Botticelli sfoggia le sue conoscenze botaniche, probabilmente coadiuvate da un’attenta osservazione di piante e fiori dal vivo e al contempo di numerosi erbari medievali. Nel dipinto sono state individuate ben centotrentotto specie di piante diverse.

Per quanto della scena generale non sia ancora del tutto chiaro il significato, i personaggi e l’iconografia del dipinto sono stati invece identificati, seguendo in particolare i suggerimenti del Vasari.
Ci troviamo in un boschetto di aranci che altro non è che il giardino delle Esperidi.
Il dipinto si legge da destra verso sinistra, per cui abbiamo: Zefiro, il vento di nord ovest e di primavera, che attrae con il suo soffio e rapisce la ninfa Clori; la mette incinta e lei rinasce trasformata in Flora, la personificazione della primavera che qui appare come una donna con un magnifico abito fiorito, che dissemina fiori, trattenuti in una piega del suo vestito.
Al centro della composizione c’è Venere che è l’emblema dell’amore più elevato. Sopra di lei c’è suo figlio, Cupido; alla sua sinistra sono ritratte le Grazie che si muovono leggiadre a passo di danza. Nell’estremità sinistra del quadro c’è Mercurio che armato di caduceo allontana le nubi.

Il quadro nasconde un complesso intreccio di significati. Non si tratta di una novità, bensì della logica tipica delle opere di questo periodo.
La lettura de “La Primavera” può essere operata in base a vari punti di vista: mitologico, riferito ai personaggi presenti nel quadro; filosofico, la filosofia dell’accademia neoplatonica e altre dottrine; storico-dinastico che si allaccia ad eventi contemporanei al dipinto e mira a onorare il committente e la sua famiglia.

Come si è già accennato, i misteri de “La Primavera” non sono ancora stati svelati del tutto e ci si muove per ipotesi, più o meno probabili.
Sembra che il dipinto sia l’allegoria del matrimonio tra Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici e Semiramide Appiani; Botticelli realizzò il dipinto in due fasi, perché il dipinto all’inizio era destinato a un altro committente, Giuliano de’ Medici, e l’occasione non era una cerimonia nuziale, bensì la nascita di un figlio.

I personaggi, tenendo fede alle due committenze, raffigurerebbero:

  • Venere, Fioretta Gorini (nella prima versione), poi l’Amore Universale
  • Mercurio, Lorenzo di Pierfrancesco
  • Le tre Grazie, l’Amore humanus (la Grazia al centro aveva le sembianze di Semiramide Appiani), cioè spirituale e puro
  • Zefiro-Cloris-Flora, l’Amore Ferinus, cioè l’amore carnale
    I fiori, invece, sottintendono significati matrimoniali: margherite, fiordalisi e nontiscordardimé fanno riferimento alla donna amata; i fiori d’arancio e la borrana sono simbolo di felicità matrimoniale.

In base alla lettura storica, “La Primavera” è un’allegoria dell’età medicea, interpretata come età dell’oro sotto la guida di Lorenzo di Pierfrancesco, da cui consegue che: Flora è Florentia; le tre Grazie sono Pisa, Napoli e Genova; Mercurio è Milano; Venere è Venezia; Cupido è Roma; Borea è Bolzano.

Se leggiamo il dipinto dal punto di vista filosofico è l’amore il protagonista della scena, l’amore nei suoi diversi gradi, che spinge l’uomo a distaccarsi dal mondo terreno per rivolgersi a quello spirituale.
Questa lettura è confortata dalla centralità della figura di Venere che in questo caso rappresenta l’amore spirituale.